XVII DOMENICA T.O.
“Cuore a cuore con Dio”
La fede è un rapporto intimo e profondo con Dio, che ha la sua espressione più autentica nella preghiera, eppure non è sempre compresa nella sua vera essenza.
La recita di preghiere bibliche, come i Salmi o il Padre Nostro, o altre preghiere della tradizione cristiana, non basta per dire di saper pregare. Gli stessi discepoli, che come pii israeliti certo pregavano, chiesero a Gesù di insegnare loro a pregare, perché avevano compreso che Lui viveva il dialogo con Dio in modo diverso e profondo.
Gesù insegna loro a rivolgersi a Dio chiamandolo “Padre” e a esprimere con quelle parole una relazione filiale vera, riconoscendo che tutto viene da Lui e che essere suoi figli comporta vivere come Lui: amando e perdonando!
La preghiera è una esperienza di amore ricevuto e ricambiato in una relazione filiale. Gesù lo esprime chiaramente facendo riferimento alla relazione tra padre e figlio, rivelando che Dio Padre dona gratuitamente e con amore perché la sua bontà è infinita: “[…] se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11, 13).
Pregare significa, dunque, chiedere al Padre ciò che ci fa vivere in comunione con Lui. Non si tratta di chiedere ciò che è secondo i nostri desideri o per soddisfare i nostri progetti umani. San Giacomo lo dice chiaramente nella sua Lettera: “chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni” (Gc 4, 3).
Pregare è fare la volontà di Dio nella nostra vita e, consapevoli del nostro limite, ci rivolgiamo a Lui perché ci doni la sua Grazia per comprenderla e compierla. Gesù, nella preghiera del “Padre nostro”, ci educa a questo facendoci dire: “venga il tuo Regno … sia fatta la tua volontà!”.
La vita di fede è compiere in noi la volontà di Dio, quella di vivere come suoi figli nel suo Amore e testimoniarlo con opere di carità. La preghiera ci educa e ci conforma alla volontà di Dio; pregando, prendiamo atto della nostra condizione di fragilità, sentiamo la necessità di essere sostenuti dall’amore di Dio e cresciamo nella consapevolezza di doverci impegnare a testimoniare la nostra fede nella carità e nella misericordia.
Quanto più riconosceremo che Dio ci ama e ci ha donato la libertà vera indicandoci la via della carità per raggiungere la vera felicità, tanto più la nostra preghiera sarà una continua ricerca di uniformare la nostra volontà alla sua.
Impegniamoci a crescere nella preghiera come dialogo amorevole con Dio e sentiamoci maggiormente spronato in questo dalle parole di San Alfonso Maria de’ Liguori, che nella sua opera: “Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio”, così ci invita a pregare: “Egli è maestà infinita; ma insieme è infinita bontà ed infinito amore. Avete in Dio il Signore più sublime che vi può essere, ma avete ancora l’amante più grande, che possiate avere. Egli non disdegna, ma gode, che voi trattiate con quella confidenza, libertà e tenerezza, con cui trattano i fanciulli colle loro madri. […] Prendete il costume di parlargli da solo a solo familiarmente, e con confidenza ed amore, come ad un vostro amico, il più caro che avete, e che più vi ama.” (S. Alfonso M. de’ Liguori, Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio, Collana Ascetica Alfonsiana vol. 1, Ed. Bettinelli, Verona 19892, p. 58 e 62)