Sesta Domenica di Pasqua (Anno B) – 2024
“Come si può credere senza amare?”
(At 10,25-27.34-35.44-48 - Sal 97 - 1Gv 4,7-10 - Gv 15,9-17)
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).
Gesù ha lasciato ai suoi discepoli il suo comandamento: l’amore! Tante volte usiamo questo termine e ne diamo diverse accezioni. Oggi si parla di amore nelle sue svariate forme, ma di fondo emerge una visione egoistica e soggetto ad interessi personali.
Il Vocabolario Treccani on-line[1] definisce l’Amore: Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia.
Ne emerge che l’amore, nella sua più autentica essenza, è apertura all’altro e ricerca del suo bene, come condizione primaria, da cui ne deriva il bene personale. L’Amore, di cui Gesù parla, è la fonte e l’identità del cristiano, della sequela di Cristo e della relazione di fede nella comunità cristiana, per cui l’apostolo Giovanni afferma con chiarezza che “solo se si ama, si vive la fede e si è conosciuto Dio”.
«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4, 7-8).
Il cristiano che non ama non ha conosciuto Dio: è una affermazione molto forte e che interroga le coscienze. La vera conoscenza di Dio è determinata dall’amore, senza ma e senza se, tra cristiani e verso gli altri.
Da qui una prima riflessione sulle relazioni interne alle comunità cristiane: tra fedeli, tra presbiteri, tra religiosi. Sono relazioni d’amore, di accoglienza, scevre da giudizi, pettegolezzi, discriminazioni, invidie, fazioni, chiusure e esclusioni?
Alle possibili mancanze d’amore si potrebbe addurre a giustificazione la fragilità della condizione umana, che sicuramente ha un peso rilevante e pone limiti a volte anche difficili da superare, ma Gesù pone una modalità di amore fraterno e una misura di esso: “come io ho amato voi” (Gv 15, 12).
Non si tratta di amare nella modalità e condizione personale, secondo le proprie capacità e possibilità e, meno che mai, a seconda dei propri metri di valutazione e emozioni conseguenti.
Gesù indica Lui stesso come paragone e modalità di amore! Si tratta di una misura alta, ma che possiamo attuare per la fede in Lui. È la condizione del “rimanere” in Lui, di cui parla nei versetti precedenti, che permette al cristiano di “amare come Lui ama”.
Fede e amore sono inseparabili perché non si ha l’una senza l’altro. Come si può credere senza amare? L’apostolo Giovanni lo afferma con chiarezza: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio» (1Gv 4, 7), e più avanti afferma: «Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (v. 16).
Dio è amore, quindi chi crede deve amare senza riserve, condizioni e limiti. Sembra impossibile! Lo è per l’umanità! Di fatto, però, “quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio” (Lc 18, 27). La possibilità per l’umanità è data dalla fede in Dio, dall’osservare i suoi comandamenti, dal vivere in comunione con Lui. Tutto ciò è espresso dal verbo rimanere (in greco μένω - menô), nel testo biblico citato, μένων, participio attivo presente, che indica appunto una condizione costante, continua, attuale.
Se si vive la vera fede si vive anche l’amore vero, la vera fraternità, senza separazioni, esclusioni, giudizi, chiusure, emarginazioni. Se questo è presente nella vita della Chiesa significa che la fede che si vive non è vera, non è radicata e fondata in Cristo!
È una fede “contaminata” da logiche e interessi umani, per cui inficiata dal peccato. È una fede non aperta al perdono, all’accoglienza, alla correzione fraterna. È una fede che non contagia, che non genera fede e adesione a Dio. È, quindi, “religiosità sterile”, che non si concretizza nell’amore, ma si limita a un culto a Dio, ad una devozione che non si incarna nella vita, che Gesù ha condannato apertamente: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità» (Mt 7, 21-23).
Quindi, su cosa sarà giudicata la fede? Su cosa saranno giudicati i cristiani da Dio?
Come afferma San Giovanni della Croce: «Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore. Impara ad amare Dio come Egli vuole essere amato e lascia il tuo modo di fare e di vedere»[2].
Gesù lo afferma con sconcertante chiarezza in Matteo 25,31-46, quando, alla fine del mondo, separerà le genti in base a come avranno amato.
Oggi assistiamo a tante forme di mancanza di amore. Si alzano sempre più forti i “venti di guerra”, giustificati dalla religione. Pensiamo alle affermazioni di Kirill, il quale ha sostenuto che la guerra in Ucraina è una guerra santa, come si legge nel decreto del XXV Concilio mondiale del popolo russo: «Da un punto di vista spirituale e morale, l’operazione militare speciale è una guerra santa, in cui la Russia e il suo popolo, difendendo l’unico spazio spirituale della Santa Rus’, compiono la missione di ‘Colui che trattiene’ [o Katéchon], proteggendo il mondo dall’assalto del globalismo e dalla vittoria dell’occidente caduto nel satanismo»[3].
Pensiamo alla guerra in Medio Oriente, alle ostilità tra ebrei e palestinesi; pensiamo alle forme di avversione ebraiche che si levano in varie parti del mondo dando vita ad un nuovo e sempre più acceso “sionismo”; pensiamo al terrorismo di matrice religiosa dei fondamentalisti islamici e non solo: tutto viene giustificato da visioni di fede e incitato dal bisogno di giustizia e rispetto umano. A danno di chi? Dell’umanità e di Dio: dell’umanità che soffre, muore, perde speranza e cresce nell’odio; a danno di Dio, perché è sempre più compreso piuttosto come un ostacolo e inutile per l’umanità, soprattutto se diventa la causa della violenza e del dolore.
Dov’è il rispetto umano, la libertà di autodeterminarsi dell’uomo secondo i valori e desideri personali, la libertà di religione e di culto, di democrazia e di condivisione?
Se analizziamo con un minimo di attenzione, riusciremo a concordare che manca il fattore unificante e liberante: l’amore di Dio e per Dio da vivere e condividere.
Se manca l’amore nel cuore dei cristiani, chiamati a portarlo nel mondo, come può il mondo comprendere la via di Dio dell’amore?
Se i cristiani, chiamati ad amare con la misura alta di Cristo, vivono separazioni, fazioni, giudizi, condanne e chiusure, come potrà il mondo imparare a conoscere Dio e il suo amore?
Poco possiamo fare a livello mondiale, ma molto possiamo fare a partire dalle relazioni che viviamo, a partire dalla famiglia, sul lavoro, nella società, nella comunità ecclesiale.
Quando manca l’amore, quello pieno e vero, tra credenti, tra battezzati, tra familiari, consacrati, laici ecc., il mondo è destinato a perdersi, a vivere sempre più nella rivalità e nella guerra.
La preghiera per la Pace deve partire dal cuore del cristiano, farsi vita nelle sue relazioni quotidiane, per raggiungere il cuore di Dio ed essere esaudita.
Preghiamo perché regni l’Amore di Dio, si costruisca la vera Pace, ma partiamo dal recuperare e tessere relazioni autentiche, libere e amorevoli tra i credenti, perché la preghiera della Chiesa sia elevata a Dio con «mani pure senza ira e senza contese» (1Tm 2, 8).
[1] https://www.treccani.it/vocabolario/amore/
[2] S. Giovanni della Croce, Avvisi e Sentenze spirituali, in Opere, Edizioni OCD 2012, p.1091.
[3] Matzuzzi M., La guerra santa di Kirill per cancellare l'Ucraina, in “il Foglio”, 02 aprile 2024, in https://www.ilfoglio.it/chiesa/2024/04/02/news/la-guerra-santa-di-kirill-per-cancellare-l-ucraina-6393263/ .
Si veda anche: https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2024/03/31/il-patriarca-kirill-in-ucraina-e-una-guerra-santa_93ab4b17-b849-4c4b-9dca-afcb8336eb3d.html