Terza Domenica di Pasqua (Anno B) - 2024
“Convertiti nella mente”
(At 3,13-15.17-19 - Sal 4 -1Gv 2,1-5 - Lc 24,35-48)
«Convertitevi dunque e cambiate vita» At 3, 19)
«[…] saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24, 47)
La parola che ricorre in questa Terza Domenica di Pasqua è “Conversione”. Il verbo greco è μετανοέω (metanoeô), composto da μετά e νοέω, che indica la conversione della idea, del pensare, della mente. Il verbo νοέω (noeô) indica, appunto, “percepire con la mente, capire, avere comprensione” e, di conseguenza, “pensare a, fare attenzione, ponderare, considerare”.
La conversione da compiere è innanzitutto di mentalità. La vita cristiana è novità di vita, quindi, comporta una novità di mentalità, di ragionare, di discernere, di valutare e di giudicare.
Cosa significa? Innanzitutto, acquisire la “visione di Dio”, cioè, imparare a leggere la vita a partire da Dio, dalla relazione con Lui; questo comporta che il centro del nostro equilibrio non può essere l’IO, ma Dio. È, di fatto, la prima grande rivoluzione che ogni credente sceglie di fare quando accoglie e professa la fede.
In secondo luogo, significa valutare e scegliere secondo Dio, da cui deriva la seconda rivoluzione, quella dell’anteporre a tutto la fedeltà alla Verità evangelica e la Carità, quale metro di valutazione. Non più interesse personale, ma quello comune, dando forza e spazio a quello del prossimo.
In terzo luogo, la conversione è indice di costante dialogo con la realtà, non per adeguarsi al mondo, ma per evangelizzare il mondo con il linguaggio e la modalità efficace, comprensibile nell’oggi, capace di generare attenzione, dialogo e adesione.
La conversione non è, dunque, un “giudizio spietato” verso la realtà del mondo, ma “annuncio del Vangelo”, nella fedeltà ad esso, ma con il linguaggio, gli stili e le modalità giuste a creare il dialogo e suscitare la conversione in chi ignora o rifiuta Dio.
Nella situazione attuale del mondo e nella condizione della Chiesa in Italia e nel mondo, occorre riflettere sulla conversione costante della Chiesa per restare fedele al Vangelo e non a tradizioni, usi, metodologie e potere, che risultano sempre più vuoti di significato di fede.
Come non accorgersi che la cristianità è sempre meno consapevole della fedeltà al Vangelo e attaccata a pratiche e ritualità che poco incidono sulla conversione di mentalità e sulle scelte di vita?
Nell’ultimo studio del sociologo Luca Diotallevi, “La Messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019” (Rubbettino editore), evidenzia l’enorme calo della partecipazione attiva dei laici sia alla pratica religiosa che alla vita sociale.
Il sociologo afferma che l’errore “è stato ritenere che fosse possibile recuperare la pratica religiosa non attraverso l’approfondimento e un puntuale lavoro sulle coscienze, ma puntando su un approccio sicuramente attraente ma forse superficiale. La fede non ha bisogno di essere spettacolarizzata ma seguita, alimentata”[1].
“Un puntuale lavoro sulle coscienze”: la conversione, quale cambiamento di mentalità, è possibile solo quando si parla alle coscienze e le si forma.
L’annuncio della fede è formazione delle coscienze, cioè annuncio che è interpella, genera interrogativi, propone vie concrete di realizzazione, modelli attuabili e attuali di vita coerente ai valori evangelici. Il credente convertito si distingue dalla massa per la sua coscienza, per i valori irrinunciabili su cui fonda e imposta la vita quotidiana e l’irrinunciabilità alla fede e ciò che ne deriva.
Oggi risulta sempre più urgente e determinante la formazione della coscienza per non perdere la propria identità cristiana. La Chiesa, ogni singola comunità di fede, deve sentire urgente e necessario il proprio cammino di conversione e di formazione delle coscienze.
Nella società odierna, contraddistinta dalla secolarizzazione, occorre che i credenti abbiano una fede vera, consapevole e capace di dire “no” a ciò che non è secondo la Verità e non genera vita, rispetto, fedeltà al Vangelo.
Purtroppo, come afferma Diotallevi, oggi “il cristianesimo sta diventando un fenomeno ad altissima compatibilità, va bene con tutto e non è contraddistinto da niente”[2].
Il Signore Gesù, invece, ci chiede di divenire, sul suo esempio, “segno di contraddizione” in una società incapace di vedere e scegliere Dio e la sua proposta di libertà nell’Amore.
Ogni credente deve sentire forte l’invito ad una profonda conversione di mentalità, impegnandosi nella formazione della sua coscienza, mediante la conoscenza, lo studio e la traduzione in scelte di vita della Parola di Dio.
La Chiesa in primis e il mondo hanno bisogno di credenti maturi, formati e consapevoli per operare, nelle varie dimensioni della vita sociale, da veri “convertiti nella mente”, per essere “sale e luce” per il mondo.
Modellati su Cristo, «pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio» (1 Pt 2), i credenti sono chiamati ad essere “edifici spirituali”, a distinguersi nella società mediante una condotta esemplare, in fedeltà alla Parola di Dio: «Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all'ignoranza degli stolti, come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio» (1Pt 2).
[1] https://www.agensir.it/chiesa/2024/04/10/quante-persone-vanno-a-messa-diotallevi-ripartire-dalle-parrocchie-occorre-approfondire-la-fede-e-non-spettacolarizzarla/
[2] Idem