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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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Terza Domenica di Avvento – Anno B - 2023

“Cristiano chi sei?”


(Is 61,1-2.10-11 - Lc 1 - 1Ts 5,16-24 - Gv 1,6-8.19-28)

 

       «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?» (Gv 1, 22).

       In questa terza domenica di Avvento la liturgia ci fa di nuovo soffermare sulla figura del Battista. L’evangelista Giovanni non dà molti dettagli sulla persona del Battista, ma lo presenta quale “testimone della Parola”. Nella figura del Battista vediamo delineato il cammino che conduce alla scoperta del Lógos fatto carne, con le disposizioni necessarie per incontrarlo: apertura al dono, con l’umiltà di chi è consapevole di essere “illuminato” e di non essere la luce.

       Il Battista, così come è presentato dall’evangelista Giovanni, è testimone della Parola: attendendola, riconoscendo la sua presenza rivelata in Gesù e la indica ai suoi.

       A ben riflettere sono le caratteristiche del cristiano chiamato ad essere il “testimone” di Cristo: egli vive la quotidianità nell’attesa del Cristo; riconosce Cristo presente nella vita della Chiesa e nel mondo, presente nei Sacramenti e nel prossimo; lo fa conoscere con la sua vita e indica il Cristo come Via, Verità e Vita, unico modello a cui conformare la propria esistenza.

       Il brano evangelico inizia con un’inchiesta nei confronti di Giovanni il Battista condotta dai capi del popolo. È il “fil rouge”, il filo conduttore del vangelo di Giovanni, che presenta il processo tra luce e tenebre che si compirà con Gesù, quale “luogo” della “testimonianza” del Cristo. L’incontro con Cristo è il passaggio dalle tenebre alla luce («Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» Gv 1, 9): è l’esperienza di Nicodemo (Gv 3), della Samaritana e dei suoi concittadini (Gv 4), dell’adultera (Gv 8), del cieco nato (Gv 9).

       È il processo a cui ogni cristiano è sottoposto nella quotidianità del suo vivere. La domanda che viene fatta in modo diretto o indiretto è la stessa rivolta a Giovanni il Battista: Chi sei?

       È la domanda che il cristiano deve di fatto porsi da solo in ogni momento per poter scegliere, agire in retta coscienza, amare e servire secondo l’insegnamento del Cristo.

       Chi sei? Cosa vuol dire per te essere cristiano? Cosa comporta per la tua vita essere cristiano?

       Se queste domande non sono presenti in ogni circostanza, soprattutto quelle difficili, che richiedono scelte fondamentali di coscienza, la fede viene ridotta ad una religiosità sterile e rituale, intrisa di ipocrisia, tanto condannata dal Cristo quando accusava i farisei (Mt 23, 27-32) ed invitava i suoi discepoli a guardarsi dal lievito dei farisei (Mt 16, 6; Lc 12, 1).

       Cristiano chi sei?

       Come Giovanni il Battista, dobbiamo essere coscienti di chi siamo. Innanzitutto “non siamo” per merito nostro, ma per “dono di Dio”, quindi non dobbiamo dimenticare che è per la Grazia di Dio che siamo cristiani. La prima consapevolezza, da non dover mai dimenticare e tenere ben presente, è che siamo e restiamo peccatori, ma per Grazia di Dio siamo quello che siamo, credenti, cristiani, come afferma di sé San Paolo in 1Cor 15, 10.

       Come Giovanni siamo “voce” (Gv 1, 23), cioè coloro che sono stati chiamati a “gridare” la Parola di cui dobbiamo essere testimoni con la vita. Quindi, prendere coscienza e operare perché tutto della nostra vita sia riconducibile alla fedeltà alla Parola perché, sebbene resti forte la nostra condizione di peccatori, proprio mediante noi Cristo parla al prossimo, perché sia compreso come “possibile” vivere secondo il suo insegnamento.

       Giovanni si identifica con la “voce” del Libro di Isaia (Is 40, 3) di chi “grida nel deserto”; di fatto oggi i cristiani sono “voce gridano nel deserto” del mondo senza la vera conoscenza di Dio. Basta soltanto riflettere a come viene oggi presentato il Natale: un giorno magico! Si parla della “magia del Natale”, riferendosi ad un Babbo Natale, che ormai non ha alcun riferimento a San Nicola o conservando appena il nome (Santa Claus, nome olandese di S. Nicola), ma non si fa alcun riferimento a Cristo e alla sua Incarnazione. Il mondo è il deserto in cui annunciare Cristo, ma non con manifestazioni, eventi, celebrazioni e meno che mai con apologetica, pensando di dover difendere qualcosa, che di fatto non è più presente nella società: la fede e il riferimento ad essa!

       L’annuncio ne deserto del mondo va fatto con la forza dell’amore di Dio, che non distrugge e opprime, ma libera e porta a pienezza. Solo chi è rinnovato dall’amore di Dio riuscirà a parlare ai cuori. Di conseguenza prima di tutto il cristiano occorre che parta da sé, dal lasciarsi rinnovare e modellare dall’Amore di Dio. Occorre partire dalla propria conversione, che di fatto è quotidiana! Ogni giorno siamo chiamati a convertirci perché ogni giorno facciamo i conti con la nostra fragilità! Solo nell’umiltà e nella consapevolezza di chi è amato e perdonato l’annuncio diventa efficace. San Paolo lo afferma nelle sue lettere, riconoscendo la sua debolezza e parlando della sua lotta interiore per vivere la piena conformità a Cristo (cfr. 1Cor 9, 24-27; 2Cor 12, 7-10; Gal 2, 16-20).

       La testimonianza di fede in Cristo è “martirio”. Il termine martire, in greco μάρτυς (martus), μάρτυρός: gen. sing., indica il testimone. Oggi la fatica dell’annuncio risiede nella paura di perdere il prestigio, la socialità, l’appartenenza al gruppo, le relazioni e, di conseguenza, si vive la fede in modo “privato”, riservato, facendo fatica a rendere visibile la nostra adesione a Cristo.

       La testimonianza del Battista è stata totale, fino alla morte. L’evangelista usa due verbi, “confessare” e “rinnegare”, per indicare la testimonianza autentica, che non è invece fatta dai genitori del cieco nata (Gv 9, 22) e da molti capi che, benché avessero creduto in Gesù, non professavano pubblicamente la fede per paura dei farisei (Gv 12, 42ss).

       «Egli confessò e non negò. Confessò» (Gv 1, 20). Il Battista ci sprona a non temere di perdere davanti agli occhi del mondo, ma di temere di perdere Cristo. Per “essere” cristiani e saper rispondere alla domanda “chi sei?”, occorre professare senza paura la fede, in ogni occasione opportuna e non opportuna la Parola e la nostra adesione ad essa (2Tm 4, 2).

       Cristiano chi sei?

       La risposta, dunque, la dobbiamo dare ogni giorno e in ogni momento prima di tutto a noi stessi, ricordando che “siamo” solo se Cristo è “presente in noi” ed “opera in noi” con la sua Grazia.

       “Siamo” solo in piena umiltà, riconoscendoci fragili, peccatori, ma amati e perdonati.

       “Siamo” se testimoniamo con coraggio preoccupati di non perdere Cristo e di “essere trovati” fedeli a Lui alla fine della vita.

       Sull’esempio del Battista e dei Santi, diamo la nostra bella testimonianza di fede con la vita semplice, con la fedeltà all’Amore di Dio e con la disponibilità del cuore a leggere nella storia la “bellezza” di Dio nel prossimo e nelle creature.


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