TRIDUO PASQUALE – ANNO A - 2023
In due millenni di cristianesimo cosa è cambiato nella vita dell’umanità?
Forse ci si aspetta che Dio nella sua onnipotenza intervenga a togliere il male e stabilire una condizione di bene assoluto per tutti?
Diventa difficile accettare un Dio che ci lascia liberi indicandoci la via dell’Amore e del Bene!
Non siamo in grado di accettare questa condizione di vera libertà nella scelta responsabile del Bene o del Male. Si pretende una scelta di libertà che debba essere accolta a prescindere dalle conseguenze che essa comporta; per il solo fatto che è una scelta personale si pretende che essa debba essere giusta e corretta a prescindere da quello che comporta perché considerata “bene soggettivo”.
In questi giorni del Triduo Pasquale, Dio ci insegna a comprendere cosa sia effettivamente amare e scegliere per il Bene.
Giovedì Santo.
Nell’ultima cena ci insegna che amare è partire dall’altro. Nel segno della “lavanda dei piedi” è espressa la vera forza dell’amore: amare l’altro a partire dalla fragilità e caducità. Il male vince quando riesce a farci arrendere di fronte al limite e all’errore dell’altro.
«Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto Io, facciate anche voi» (Gv 13, 12-15).
“Lavarsi i piedi gli uni gli altri” significa essere consapevoli che nessuno è scevro da errori e cadute, nessuno è puro e limpido. Per il semplice essere umani siamo soggetti all’errore, per la incapacità naturale di conoscere e comprendere ogni cosa a priori.
Il gesto del lavare i piedi da parte di Gesù è il segno della modalità dell’amare vero: solo quando sappiamo accogliere il limite e l’errore dell’altro nella consapevolezza di non essere esenti noi da ciò, sappiamo amare senza limiti e senza riserve, anche quando l’altro non vuole essere amato e ci rifiuta.
L’Eucaristia, il dono della sua presenza nella nostra esistenza, è il testamento dell’amore di Dio, che ci offre il suo amore a prescindere dalla nostra decisione di accoglierlo o meno.
L’Eucaristia è la fonte a cui attingere la capacità di amare senza riserve e condizioni. Solo quando impariamo a riconoscere nel pane e nel vino consacrati la presenza reale di Cristo e ci accostiamo con fede e trepidazione per lasciarci amare e guarire interiormente dalle ferite causate dalla nostra fragilità e caducità, riusciremo a vivere in pienezza la vita quotidiana e a determinare la nostra esistenza nell’amore di Dio.
Venerdì Santo.
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23).
Questa affermazione di Cristo è difficile da accettare. Sembra che ci condanni ad una esistenza di dolore, di sofferenza, di penitenza, di fatica.
Nella visione edonistica nella quale siamo immersi, questa espressione di Cristo è talmente difficile da accettare che si preferisce rinunciare a Lui.
Soffermandoci a leggere con attenzione, alla luce del Venerdì Santo, la “croce” da prendere ogni giorno non è un patibolo, ma la via dell’amore.
La croce di Cristo è il trono regale da cui Dio effonde il suo amore. È la Via dell’obbedienza per vivere in pienezza la propria esistenza. È la Via dell’amore per essere una umanità che impara a riconoscere l’altro non come nemico, rivale, ma come fratello e cooperatore per la costruzione di una società in cui nessuno si senta escluso.
La croce di Cristo è la Via dell’Amore che sa andare oltre l’errore, pronto a rialzare ed accogliere chi cade.
La croce di Cristo è il segno di rottura della logica dell’egoismo e dell’interesse; della vanagloria e della meschinità; del potere e del sopruso sul prossimo.
La croce è il segno di contraddizione che separa di netto la scelta dell’Amore da quella dell’egoismo.
La croce è forza dirompente per vivere la felicità perché apre ad una logica di perdono e di accoglienza: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).
Sabato Santo.
Il Sabato Santo è il giorno del grande silenzio. Il Salvatore, il Cristo, Colui che doveva liberare il popolo fedele dall’oppressore, dal nemico e dal male è morto! Tutto tace! La speranza sembra essere stata distrutta!
Nel silenzio del Sabato Santo comprendiamo cosa significa vivere senza Dio. Tutto perde senso, valore, finalizzato solo al tempo contingente e passeggero.
Tutto diventa inutile e assurdo. La morte di Dio segna la condizione della vita umana e lo smarrimento esistenziale a cui è destinata.
Il Sabato Santo, con il suo silenzio penetrante ed assordante, è il tempo favorevole per focalizzare la propria esistenza su ciò che dà pienezza e senso.
È il tempo per fermarsi con sé stessi e orientare la propria esistenza verso ciò che dà senso e valore.
È il tempo favorevole per liberarsi dall’effimero e focalizzarsi su ciò che edifica in pienezza la vita.
È tempo di ristoro e per rigenerarsi nell’amore di Dio e nel suo silenzio per fare della propria vita una continua ricerca di ciò che è essenziale.
È il tempo di far tacere in sé e attorno a sé tutto ciò che genera morte per aprirsi alla vita, alla risurrezione e risorgere con Cristo a vita nuova.