OTTAVA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 2022
“Camminare nella misericordia”
(Sir 27,5-8 - Sal 91 - 1Cor 15,54-58 - Lc 6,39-45)
La preghiera di colletta di questa domenica recita così: «Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio». Credo che questa oggi debba essere la nostra invocazione accorata per la situazione che stiamo vivendo e in particolare per la condizione del popolo ucraino.
Occorre che il cuore dell’umanità sia rinnovato e liberato da sentimenti di rancore, odio, potere, supremazia, invidia, gelosia, meschinità … da tutti quei sentimenti negativi che generano morte, divisione, conflitto, rivalità, separazioni.
Facile pensare che questo discorso valga per i “potenti” della terra, i capi delle Nazioni, ma di fatto è valido per ogni persona. È nella routine della giornata dove si sperimentano e si mettono in atto atteggiamenti negativi. Non sono solo le situazioni grandi e generali della vita del mondo e degli interessi internazionali dove si sperimentano gli effetti dei sentimenti negativi, ma nelle relazioni a partire dalla famiglia, dalle amicizie, dal lavoro, insomma è nella quotidianità della vita dove gli effetti di un cuore colmo di sentimenti di male porta a generare conflitti e rivalità.
Il comandamento di Gesù in Lc 6, 36: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso», è esplicitato nella pericope di Lc 6,39-45.
Se il cuore dell’uomo non è abitato dalla misericordia è destinato al fallimento e alla morte interiore, chiuso in sentimenti di male che generano morte in lui e attorno a lui: «L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (Lc 6,45).
La misericordia impedisce alla stoltezza, alla presunzione e all’ipocrisia di abitare nel cuore dell’uomo e di criticare il prossimo.
La misericordia salva l’umanità e le permette di sovrabbondare in sentimenti di accoglienza, attenzione, comprensione, condivisione e cooperazione.
Il giudizio è l’esercizio della ragione, la valutazione è l’atto della coscienza, ma tutto ciò deve essere rivolto in modo severo verso sé stessi, comprendendo quanto bisogno si ha di misericordia per i limiti ed errori personali.
Dalla consapevolezza di essere bisogni di misericordia si può vivere nella giustizia e si costruisce la pace, perché il limite e l’errore del prossimo, per quanto possa essere difficile da accettare, diventa sopportabile e supportabile.
Gesù, quindi, ribadisce con parole forti l’urgenza di vivere la misericordia richiamando al limite e peccato personale: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Lc 6,41).
La misericordia fa comprendere l’errore dell’altro come poca cosa di fronte a quello personale, tanto che Gesù paragona il primo alla “pagliuzza” e il secondo alla “trave”: questa sproporzione deriva dalla lettura di misericordia che deve portare il soggetto a considerare sempre sé stesso in debito verso l’amore di Dio ricevuto.
Riconoscersi debitori verso l’amore di Dio permette di amare e di accogliere l’altro con i suoi limiti ed errori.
Senza il debito dell’amore misericordioso verso Dio e i fratelli si cade nella condizione di presunzione e di arroganza, che chiude la porta al prossimo, discrimina e allontana, giudica e condanna.
Senza la consapevolezza del proprio errore e del debito di amore ci si allontana dalla Verità e si diventa “guide cieche” (Lc 6, 39).
Spesso, come credenti, dimentichiamo questo insegnamento di Gesù e ci sentiamo forti e sicuri nella fede, “maestri” pronti a indicare il cammino e a giudicare. Gesù ci invita a non allontanarci da Lui, unico vero Maestro che illumina e guida alla Verità, perché è Verità.
Camminare nella misericordia, per trarre fuori dal tesoro del cuore solo sentimenti buoni che edificano e non uccidono, è possibile solo nella sequela del Cristo, come esorta San Paolo: «Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore» (1Cor 15,58).
Il peccato da combattere nel proprio cuore e nella Chiesa è l’ipocrisia, che conduce alla chiusura del cuore e alla critica del prossimo.
L’ipocrisia è il peccato dei peccati, perché non permette di vivere nella Verità e fare verità nella propria coscienza.
Il peccatore che si confessa presenta a Dio la propria menzogna (il peccato) ed è una forte occasione di verità dinanzi a Dio, che gli permette di essere toccato dalla grazia, dalla misericordia.
L’ipocrita non è capace di confessare il proprio peccato, perché si nasconde dietro la propria menzogna, come se fosse uno scudo che lo protegge dalle insidie della verità e della luce. Egli si nasconde dinnanzi a Dio e a sé stesso, nella presunzione di ingannare anche gli altri. L’ipocrita è un attore, che recita il copione del credente perfetto, che finge zelo e amore per Dio e il prossimo, ma di fatto si inabissa nella sua falsità, seminando critiche e divisioni.
Gesù è duro contro l’ipocrisia e non fa sconti, perché essa è contro la Verità, quindi è contro Dio.
Per vincere il peccato di ipocrisia occorre vivere nella Verità, mettersi alla scuola della Verità e lasciare che essa metta a nudo la propria coscienza, senza paura e senza riserve, nella consapevolezza che la Verità di Dio edifica e non uccide, salva e non condanna.
Camminare nella misericordia permette di allontanare l’ipocrisia e operare nell’amore vero, senza malizia e senza critiche, accogliendo e perdonando, come Dio fa con chi si apre al suo amore.