QUARTA DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C- 2021
“Umili, accoglienti ed esultanti”
(Mi 5,1-4a - Sal 79 - Eb 10,5-10 - Lc 1,39-45)
Siamo al termine del cammino di Avvento, alle soglie della celebrazione del Natale del Signore. Fervono i preparativi, le luminarie sono sempre più diffuse, i negozi pieni per gli acquisti di vettovaglie e regali, Gli alberi di Natale addobbati, i presepi, forse, allestiti. I palinsesti televisivi e le pubblicità orientati ad accompagnare a vivere la magia del Natale dove “tutti si è più buoni”.
Cosa volere di più? Forse un’atmosfera ancora più magica e sentimentale, libera dalle restrizioni ancora in vigore a causa della pandemia che ci sta colpendo da quasi due anni?
In tutto questo dov’è il Cristo? Dov’è la fede?
Forse si parteciperà alla Messa della notte di Natale e del giorno di Natale, ma basta per celebrare il Natale del Signore?
L’evangelista Luca ci pone di fronte due atteggiamenti fondamentali per accogliere Cristo, per vivere pienamente l’incarnazione di Cristo ed essere uniti a Lui. Maria, “la madre del mio Signore”, ed Elisabetta, “la madre del precursore del Signore”, ci insegnano questi due atteggiamenti per vivere appieno il Natale, cioè l’Incarnazione di Cristo e l’essere uniti a Lui: l’umiltà e l’accoglienza di Maria e l’esultanza nello Spirito di Elisabetta.
Maria, scelta da Dio per accogliere l’Incarnazione di Cristo, è il modello di ogni cristiano. Ella ha accolto in umiltà e docilità alla Parola il volere di Dio, facendo così di sé stessa il tabernacolo di Cristo.
Solo nell’umiltà e nella docilità Cristo può abitare nel cuore dell’umanità. Dio oggi è assente nella vita delle persone perché viviamo nella esaltazione dell’IO individuale. Non c’è posto nel cuore, nella mente e nella vita della persona per Dio se essa è piena di sé, tutta orientata alla soddisfazione del proprio ego.
Maria ci insegna l’umiltà del cuore, che è riconoscersi creatura, fragili, caratterizzati dalla caducità, dall’imperfezione e per questo bisognosi di essere rialzati, guidati, sostenuti, amati da Colui che è perfetto e misericordioso.
Maria ci insegna la docilità alla Parola di Dio, che non è rinuncia alla propria intelligenza, razionalità, volontà, ma scelta di vita, orientamento consapevole e razionale di sé stessi verso Dio e attuazione del suo progetto di amore per l’umanità.
Essere docili alla Parola vuol dire aprirsi a Dio e scegliere di camminare nel suo Amore. Vuol dire fare della sua Parola la risposta al proprio desiderio di realizzazione, riconoscendo che Dio non annulla l’essere personale, ma lo eleva. Vuol dire riconoscere che la Parola di Dio è la via, la verità e la vita che permette a ciascuno di vivere appieno la propria esistenza nell’amore vero. Vuol dire prendere coscienza del proprio limite, della propria fragilità e riconoscere che solo in Dio trova ristoro, sostegno e guarigione profonda.
Prepararsi e Celebrare il Natale, sull’esempio della Vergine Maria, in umiltà e docilità di cuore alla Parola, significa fare posto a Dio nel proprio cuore, senza rinunciare al proprio essere, ma al proprio egocentrismo. Riconoscere che Dio non è venuto per “condannare ed umiliare”, ma per “elevare e salvare l’umanità”.
Elisabetta esulta nello Spirito, riconosce la presenza di Dio e la beatitudine di Maria, che ha creduto nella Parola del Signore (cfr Lc 1, 39-45). La gioia, l’esultanza di Elisabetta è data dallo Spirito che le permette di riconoscere l’azione di Dio nella storia, la Salvezza che si rende visibile in Cristo.
Il Natale è la manifestazione dell’amore di Dio e della sua Salvezza donata a tutti coloro che l’accolgo con docilità e buona volontà. Natale è gioia vera, è amore visibile e tangibile per chi riconosce che Dio è Amore ed è presente nella storia dell’umanità e personale, per indicare il vero modo di “essere umani”: non nell’egoismo ma nella fraternità dei figli di Dio.
Natale non è un giorno, non è un “momento magico”, non è una ricorrenza o un ricordo storico. Natale è accogliere Dio nella propria esistenza, in umiltà e docilità, e vivere nella gioia di riconoscersi amati e salvati da Dio, che si è “abbassato, umiliato” facendosi “carne”, facendosi “uomo”.
Con Maria, “docile alla Parola”, ed Elisabetta, “esultante nello Spirito”, disponiamo il cuore, la mente e la volontà a vivere da redenti, “abitati dall’Amore” per l’Incarnazione di Cristo, vero Dio e vero Uomo.
Facciamo della nostra vita di credenti un Natale continuo, consapevoli che la nostra umanità, fragile e limitata, è stata redenta e elevata alla piena comunione con Dio per sua volontà e amore misericordioso.
Rendiamo visibile la nostra appartenenza a Cristo “incarnando” il suo amore incontrato nei gesti, nelle parole, nelle scelte di vita, affinché tutta la nostra esistenza sia “presenza” di Dio nella storia dell’umanità, vera “ecclesia”, vera espressione dell’essere popolo dei redenti in Cristo!