VI Domenica di Pasqua – Anno B - 2021
“La fede: una relazione di amicizia”
(At 10,25-27.34-35.44-48 - Sal 97 - 1Gv 4,7-10 - Gv 15,9-17)
Il cammino pasquale ci propone la riflessione sulla relazione da vivere con Dio. Alla domanda: “Chi è Dio?”, i più attempati, risponderebbero immediatamente con la definizione del catechismo di San Pio X: “Dio è l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra”. Una risposta giusta e vera, secondo la teologia, ma non esprime quella che è la relazione che il credente vive con Dio.
La relazione con Dio è personale, nasce e matura nel tempo per l’esperienza di fede che si vive. Credere non significa semplicemente accettare l’esistenza di un essere superiore che viene chiamato Dio. Credere è tessere una relazione profonda che coinvolga tutto l’essere: mente, cuore e volontà.
La fede nasce dall’incontro personale con Dio, attraverso la testimonianza, la consegna di “mano in mano” della propria esperienza con Dio, per permettere al prossimo di poter fare la propria.
Solo per la relazione personale con Dio può nascere la fede, altrimenti è accettazione intellettiva della sua esistenza, oppure una religiosità che si ferma a pratiche di culto senza alcun coinvolgimento nelle concrete circostanze del vivere.
Credere è vivere una relazione profonda, radicale, che coinvolge tutto il proprio essere. Credere è vivere una profonda relazione di amore con Dio, che si traduce in una novità di vita, di prospettiva, di giudizio e di possibilità.
«Rimanete nel mio amore» (Gv 15, 9). Il verbo greco è μένω (menô), rimanere, inteso però non tanto nella condizione statica dello stare, ma dinamica di un continuare ad essere. Tradotto anche con “dimorare”, “abitare”.
“μείνατε”, rimanete, indica l’impegno continuo di relazione con Cristo, che permette di vivere nel suo Amore e nel quale tessere le relazioni attorno a noi. “Rimanere nel suo amore” indica la decisione di coscienza di vivere una relazione di amore con Dio con la quale rinnovare la propria vita e farne la propria “ragione d’essere”.
Rimanere nel suo Amore comporta un impegno personale di crescita nella relazione e di accoglienza libera e piena del suo Amore. Avere fede, dunque, comporta impegnarsi in una relazione di amore con Dio, che si traduce in un rinnovamento della propria vita secondo l’insegnamento del Cristo: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15, 10).
Gesù indica che non basta conoscere e accogliere la sua Parola, ma è necessario osservare i suoi “comandamenti”. Questo termine, “comando”, usato al plurale, di fatto è uno solo: è il comando dell’amore, amare “come” Lui ha amato; è il comando che muove e dirige ogni nostra azione.
Avere fede comporta una rivoluzione totale di sé, un cambiamento di rotta, di prospettiva, di valutazione: tutto trova radice e valore nella relazione di amore con Dio e tutto ad esso deve essere riferito.
In questa rivoluzione e accettazione di novità di vita, siamo costituiti nella condizione di “amici” e non di “servi”: «Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 14-15).
Siamo costituiti, chiamati e riconosciuti, “amici” per il “rimanere”, “dimorare” nel suo Amore. Siamo “amici” perché Dio ci ama e permette di vivere una relazione con Lui alla pari, di partecipazione piena.
Il termine greco usato da Giovanni è “φίλοι”, plurale di “φίλος” (filos), amico, colui che si associa, che condivide. Gesù ci chiama a condividere il suo amore, ad amare “come” Lui ha amato: è una relazione profonda in cui siamo costituiti per la scelta libera della fede.
Non siamo sudditi, ma amici, che vivono la relazione con Lui e l’obbedienza al suo comando, alla sua Legge, per libera scelta, nella libertà di figli amati.
La fede è, dunque, una relazione di amicizia, che ci pone su un piano di parità: rispondendo al suo Amore con amore, diventiamo come Dio, “santi” come Lui è Santo!
La relazione di amicizia con Dio esige necessariamente l’amore per il prossimo: «Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15, 17). In questo si realizza e si concretizza la fede cristiana. Senza questo amore per il prossimo non c’è fede, perché Dio è amore!
«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4, 7-8).
La fede, relazione di amicizia con Dio, conduce a vivere una vita di relazione di amore con il prossimo sul comando e l’esempio di Cristo, che fino alla fine concede la possibilità di aprirsi al suo amore nella scelta di libertà.
Anche a Giuda, all’apice del suo tradimento, Gesù offre la possibilità di ricordare la relazione di condivisione e di amore con Lui: «Amico, per questo sei qui!» (Mt 26, 49-50). L’evangelista Matteo non usa lo stesso termine di Giovanni, ma “ἑταῖρε”, da “ἑταῖρος” (hetairos) amico, partner, collega. Sebbene lo chiama “amico”, Giuda non è nella condizione di chi condivide lo stesso amore, come il “filos” (amico), perché la sua scelta di libertà non è di “rimanere” nel suo amore, ma di “chiudersi” in una visione egoistica, che lo porterà alla disperazione e alla morte. Gesù gli ricorda che aveva iniziato a vivere nella sua amicizia, ma per sua libertà ha scelto di uscirne.
Gesù ci chiama a vivere nel suo amore e a impegnarci in una relazione di amicizia con Lui, che esige un cambiamento radicale di prospettiva e di giudizio, un passaggio dalla visione egocentrica alla relazione fraterna e aperta alla reciprocità.
Gesù ci offre il suo Amore e ci chiede di “rimanere” in esso amando “come Lui” il nostro prossimo.
Rinnoviamo la nostra scelta libera di fede impegnandoci in una relazione di amicizia profonda con Cristo, accogliendo la sua Parola e attuando il suo comando di “amarci gli uni gli altri”. Quando tutto questo ci risulterà difficile o impossibile, non abbiamo che da fissare lo sguardo su Lui e ricordarci che: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4, 10).