V Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
“SERVIZIO E NON POTERE”
(Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39)
«Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9, 16).
Oggi si ritiene e si vuole che la fede sia una questione privata che vada vissuta nella propria intimità e riservatezza.
San Paolo, invece, ci ricorda che credere in Dio, in Cristo, comporta l’obbligo morale di annunciare il Vangelo, di testimoniarlo con la vita e fare la propria professione di fede pubblica!
La nostra società, che vuole relegare alla sfera privata la vita di fede, ha di fatto bisogno di credenti responsabili e maturi che portino il seme della Parola e siano “sale e luce”, “lievito” perché le coscienze siano risvegliate dal “torpore” nel quale vivono, massificate a causa della cultura laicista e materialista imperante.
Occorre che i cristiani si destino e sentano l’urgenza e la necessità di dare testimonianza autentica di fede, annunciando il Vangelo, con una condotta di vita conseguente.
L’annuncio del Vangelo, inderogabile ed urgente, va svolto nella logica del servizio e non del prestigio e del vanto: «[…] annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (1Cor 9, 18-19). Se per San Paolo è valida la logica del servizio e della gratuità nell’annuncio del Vangelo, tanto più deve valere per noi!
E che il servizio sia una condizione imprescindibile lo evidenzia anche l’evangelista Marco. Il miracolo della guarigione della suocera di Pietro, posta all’inizio della attività pubblica di Gesù, dopo l’annuncio del Regno e la chiamata dei discepoli, sembra un miracolo insignificante, che può passare inosservato, come se fosse stato raccontato per abbellire lo stile del racconto.
Marco pone questo miracolo come chiave interpretativa di quelli che seguono. Gesù, all’inizio del vangelo, ha invitato alla conversione, a credere nel Vangelo, a seguirlo; la sua Parola, autorevole e liberante, guarisce da ogni infermità e spezza le catene del male. La guarigione della suocera di Pietro è il primo risultato della vittoria sullo spirito del male: guarita dalla febbre, che la costringeva a letto, si alza e si mette a servire.
Marco ci presenta, quindi, la modalità della sequela e dell’accoglienza della Parola: il servizio!
Il servizio è la vera sequela di tutti! Seguire il Cristo significa vivere come Lui ha vissuto e operare secondo il suo insegnamento.
Il modello del servizio, quindi, è Cristo stesso: «il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45).
Il servizio, secondo il Vangelo, parte dall’umiltà del cuore, dalla consapevolezza di non essere nulla senza Cristo, come San Paolo ci insegna (cfr. Gal 2, 20). Per arrivare a questo traguardo, dell’umiltà vera del cuore, occorre un cammino costante di conversione interiore e di continuo confronto con la Parola di Dio.
La logica del servizio si oppone a quella del potere. La Chiesa stessa è chiamata alla continua conversione per essere libera dalle strutture e forme di potere.
I pastori non sono costituiti come autorità sul popolo di Dio, ma come servitori e ministri, per l’edificazione di tutta la comunità (cfr. 1Pt 5, 1-4).
Anche i fedeli laici sono chiamati ad un servizio alla comunità e al mondo senza alcun prestigio o posto di onore, senza vanto e senza potere.
La Chiesa, nella sua diversità di ministeri e carismi, è chiamata ad essere sale e lievito, che si sciolgono per dare sapore e fermentare. Il suo compito è essere presenza nel mondo, ma non avere potere; essere luce e guida, ma non determinare le sorti della vita sociale; essere sale e lievito perché il mondo conosca, comprenda e cresca nella Verità del Vangelo.
Il servizio è possibile solo se non si perde il riferimento con Colui che chiama a seguirlo e a testimoniarlo.
Gesù steso ci indica come conservarci nel servizio e nella volontà del Padre: «Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc 1, 35).
Gesù, dopo aver annunciato, liberato, guarito, si ritira a pregare il Padre. La sua preghiera deve essere stata un dialogo profondo e angosciato con il Padre. L’uomo Gesù ha vissuto l’obbedienza e il servizio alla volontà del Padre attraverso il dialogo profondo e filiale della preghiera.
I credenti senza la preghiera, che forgia i cuori e li prepara al servizio vero ed umile dell’annuncio, non possono vivere una sequela autentica e fedele, libera e coerente.
In forza della preghiera Gesù risponde alla volontà del Padre e alla domanda di Pietro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1, 38).
In forza della preghiera possiamo lottare contro il male, crescere e conservarci nell’umiltà, annunciare con spirito di servizio il Vangelo senza paura e con autorità, senza vanto o prestigio, ma con carità e umiltà.
Meditando questa Parola, preghiamo per la Chiesa, perché nei suoi singoli membri, nella varietà di ministeri e carismi, sia sempre al servizio del Vangelo, libera da ogni forma di potere; possa essere per ogni uomo presenza vera dell’Amore di Dio, perché ognuno possa trovare accoglienza, sperimentare la libertà dei figli di Dio e vivere nell’amore di Dio con spirito di servizio e umiltà di cuore.