III Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
“Credere è essere conquistati da Cristo”
(Gn 3,1-5.10; Sal 24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20)
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1, 15).
L’Evangelista Marco presenta Giovanni il Battista come colui che, concludendo l’A.T., introduce Gesù come colui che porta a compimento le promesse dei profeti, quindi come il Messia!
L’espressione di Gesù, sintesi del Vangelo, è l’essenza della fede e del rapporto con Dio.
Credere non è una questione intellettuale o un moralismo da attuare: è aderire al Regno nella sequela del Cristo.
Credere è atto di maturità, di fiducia, di abbandono, di coinvolgimento pieno del proprio essere; è rischiare tutto per lasciarsi coinvolgere da Cristo nel vivere di Lui, in Lui, come Lui.
“Il tempo compiuto” indica appunto che in Cristo la rivelazione è conclusa e la promessa attuata in pienezza. È il tempo della pienezza per l’umanità perché in Cristo è svelata la sua identità e il fine a cui è destinata: essere figli di Dio e partecipare alla sua Gloria!
“Il Regno di Dio”, una categoria ben chiara agli ebrei, ma non più per noi cristiani di questo tempo. Il Regno di Dio è giustizia, libertà, pace, verità, fedeltà, amore: totalmente opposto al regno dell’uomo, ove egoismo e interesse personale prendono sempre il primo posto! Il Regno di Dio proietta l’umanità in una nuova visione della vita, ove l’amore e la verità sono i pilastri della convivenza e il riscatto dell’umanità.
“Convertitevi” è la condizione “sine qua non” per la vita di fede. È una realtà radicale e profonda, quindi, non un sentimento pio, bensì un volgere le spalle alla vita di egoismo e chiusura in sé stessi, per aprirsi, voltarsi alla luce che irrompe e permette di assumere la logica dell’amore e della condivisione, nella piena sequela di Cristo.
La conversione è l’atto di volontà necessario per affrontare il cammino di maturità della fede e affidarsi a Dio, camminando nella sua Parola.
Convertirsi e credere non sono due condizioni in sequenza: una prima e una dopo. Sono dipendenti e conseguenziali: non c’è conversione senza credere e non c’è possibilità di credere senza una conversione.
La fede nasce dall’incontro con il Cristo, dal riconoscere che la sua Parola è vera e libera il cuore inserendolo nella dinamica del vero amore e nella pienezza della propria esistenza.
Questa dinamica della fede è ben evidente nella modalità della chiamata dei discepoli presentata dall’evangelista Marco. Cristo passa, chiama e genera l’esodo da sé per la sequela e la novità di vita, conseguenza dell’incontro.
Essi abbandonarono tutto e lo seguirono (cfr Mc 1, 18.20): l’abbandono non è degli affetti, ma della prospettiva con cui si vive. La chiamata è generata dall’ascolto e dall’incontro: la parola di Dio accolta e dalla verità che illumina la propria coscienza.
La prospettiva nuova a cui Cristo chiama è tutta orientata a comprendere il valore della vita non per “ciò che si ha” ma per “ciò che si è”.
“Diventare pescatori di uomini” è una metafora, già presente in Ger 16, 16, che esprime l’essenza della fede e la sequela di Cristo. Seguire Cristo e credere in Lui eleva la condizione umana dalla sua caducità e materialità proiettandola alla trascendenza e al valore pieno della sua essenza: essere figli di Dio! Da qui la necessaria e imprescindibile missione nel coinvolgere e condividere la fede con il prossimo.
La fede impegna nella condivisione di ciò che si è incontrato con il prossimo perché ogni persona abbia la possibilità di incontrare Cristo e camminare secondo la sua Parola.
Il cammino della fede è una continua uscita da noi stessi per ritrovarsi in Lui e vivere nella giustizia, nella verità, nella vera libertà. Il cammino di sequela è difficile e richiede abbandono e fiducia, ma anche impegno per uscire da sé, per cambiare prospettiva e dare il giusto valore ad ogni cosa.
La fede, la sequela di Cristo, è risposta ad una chiamata; è accoglienza dell’imperativo categorico ed incondizionato di aprire il proprio cuore alla novità dirompente del Vangelo e al conseguente cambiamento di prospettiva e di mentalità.
La fede non ci disincarna e non ci esime dalla realtà terrena, ma ci inserisce nella realtà con maggiore impegno e responsabilità per “pescare” nel profondo dell’essere umano.
“Essere cristiani” significa, dunque, non l’accettazione intellettuale di una dottrina e di un insegnamento, ma accoglienza della persona del Cristo e decidere di vivere per Lui e come Lui. È compiere le sue stesse scelte, che sono qualitativamente diverse da quelle degli uomini.
Scegliere di seguire Cristo significa decidere il cambiamento radicale di prospettiva: dalla logica del mondo a quella del regno di Dio! La logica del Regno di Dio è l’amore! Un amore che implica la durezza e la radicalità della croce: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8, 34).
La sequela di Cristo, che comporta l’uscita da sé per entrare nella logica di Dio, è cambiamento di prospettiva dal sé all’altro, dall’io al noi, in una ricerca di ciò che edifica tutti nell’amore!
Seguire Cristo è vivere nel mondo senza essere del mondo, come dice San Paolo nel brano di 1Cor 7,29-31, dove tutto va vissuto nella prospettiva del Regno, della vita in Dio. Seguire Cristo è fare di questo tempo il tempo del Regno, ove ogni persona è posta nella condizione di figlio, rispettato nella sua dignità e aiutato a comprendere e accogliere la proposta di amore di Dio in Cristo.
Credere, dunque, non è ideologia, dogmatismo, ma quotidianità di gesti e di impegni carichi di amore e di condivisione; scelte concrete di amore per l’edificazione comune, per la costruzione del Regno di comunione e di amore.
La sequela non consiste nel porre prima una verità, nel raggiungere certezze e convinzioni, seguire regole, prassi e ritualismi, come nel fariseismo denunciato dal Cristo. La sequela non è conquista di verità o affermazione di sé, ma “essere conquistati da Cristo” (cfr Fil 3, 12).
Il cammino di fede, cammino di santità, è lasciarsi “pescare” da Cristo e rinunciare alla propria giustizia per accogliere quella di Dio, ove l’amore è l’unica e importante misura della vita!