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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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II Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

“Un gioco di sguardi che apre alla Vita”


 

(1Sam 3,3-10.19; Salmo 39; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42)

 

       «[…] fissando lo sguardo […]» (Gv 1, 36.42).

       Ogni incontro è un gioco di sguardi che si scambiano emozioni. La fede e la sequela nascono dallo sguardo del cuore che incontra l’amore di Dio, Via, Verità, Vita. Giovanni il Battista fissa lo sguardo su Gesù e lo indica come il Messia, l’Agnello di Dio. Gesù fissa lo sguardo su Simone, fratello di Andrea, e lo investe della sua missione.

       Di fatto se non incontriamo lo sguardo di Dio su di noi, se noi non alziamo lo sguardo da noi stessi per vedere oltre e incontrare quello di Dio che ci ama, non riusciremo mai a vivere la fede.

       Fissare lo sguardo su Gesù e lasciare che Lui fissi su di noi il suo significa uscire da noi stessi, dal nostro egocentrismo per dare spazio a Dio e concedergli di essere Signore e Re della nostra vita.

       È l’esperienza di Samuele che incontra Dio. Non lo conosce ancora, non ha mai sentito la sua voce e per incontrarlo deve dare spazio a Lui nel suo cuore: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Da questa disposizione interiore nasce la relazione profonda e di sequela, che “non lascia andare a vuoto una sola delle parole del Signore” (cfr 1Sam 3, 19).

       L’esperienza quotidiana della nostra società ci porta a tenere basso il nostro sguardo, tutto ricurvo su noi stessi, sulle cose da fare e rincorrere, su necessità e bisogni legati alla materialità e indotti dal consumismo, a cui siamo asserviti.

       In questa condizione Dio non trova spazio e noi non riusciamo a vederlo. Non riusciamo a riconoscerlo come Via da seguire, Amore che si dona e Verità che illumina. Totalmente immersi nella nostra individualità perdiamo la capacità della reciprocità con il prossimo e, tanto più, con Dio. Tutto è condizionato dal personale tornaconto ed interesse, dove gratuità e servizio non possono esistere.

       Quando riusciamo a rialzare lo sguardo dalla nostra soggettività e ci apriamo alla relazionalità gratuita ed accogliente, allora impariamo a vedere l’altro come fratello/sorella, reciprocità e ricchezza, e a conoscere Dio come Amore, che si dona e chiama a partecipare di questo amore nella donazione libera e gratuita di noi stessi.

       La fede nasce e si sviluppa in un cuore umile e disposto a uscire da sé, dalle proprie visioni e sicurezze ed essere pronto a camminare secondo la volontà di Dio.

       Samuele e Giovanni il Battista ci insegnano questa disposizione del cuore, a saper accogliere la Parola di Dio e viverla.

       San Paolo ci ricorda che accogliere Dio, seguirlo e camminare secondo i suoi insegnamenti significa fare di noi, battezzati, il tempio dello Spirito Santo e di conseguenza non apparteniamo più a noi stessi, ma siamo sua proprietà, per la sua gloria.

       La fede, dunque, ci rende proprietà di Dio, partecipi della sua Gloria. Per la fede, tutto ciò che siamo diventa espressione dell’amore di Dio. Il nostro corpo, la nostra vita diventa presenza di Dio nel mondo.

       San Paolo, quindi, mette in guardia dall’impudicizia ed esorta a conservare il proprio corpo nella purezza, nell’amore, perché membra del Corpo di Cristo.

       Appartenere a Dio in Cristo Gesù per il dono dello Spirito nel Battesimo ricevuto, non annulla la nostra umanità e tutto quanto è ad essa correlato: desideri, piaceri, bisogni, sentimenti, passioni. Tutto ciò che appartiene alla corporeità non è annullato, né sublimato, ma elevato alla santità di Dio.

       La capacità di amare, propria dell’essere umano e contraddistinta dalla passionalità, dall’eros, viene elevata all’amore di agape, di gratuità, di donazione, che permette di superare l’egoismo e il tornaconto personale per aprirsi alla donazione di sé e al servizio di amore al prossimo.

       Tutto questo è possibile e vissuto al meglio se il cuore, la mente e la volontà sono fisse in Dio; se lo sguardo della nostra intelligenza e del nostro cuore è costantemente orientato a Dio; se la coscienza è attenta a discernere ciò che è bene nell’ascolto costante e fedele della Parola di Dio.

       Con Samuele, rinnoviamo il dono del nostro Battesimo, dicendo a Dio: “parla perché il tuo servo ti ascolta”. Con Giovanni il Battista e i discepoli “fissiamo lo sguardo” in modo continuativo su Gesù, l’Agnello di Dio, il Maestro, Via, Verità e Vita, per fare della nostra vita la sua presenza nel mondo; il nostro corpo il tempio dello Spirito e dare la nostra “bella testimonianza di fede” davanti a tutti, perché chi ci incontra possa alzare il suo sguardo, rivolgerlo a Dio ed aprirsi alla sua sequela.

      


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