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La Luce Negli Occhi

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II Domenica dopo Natale – Anno B - 2020

“Il Natale è …”


 

(Sir 24,1-4.12-16 - Sal 147 - Ef 1,3-6.15-18 - Gv 1,1-18)

      

          Nei mesi scorsi, tutti impauriti per la pandemia, abbiamo elevato un grido di coraggio e di speranza: “Andrà tutto bene!”.

       Col passare dei giorni abbiamo imparato a convivere con questa situazione esorcizzando la paura, dicendo che non è altro che una influenza, forse un po’ più difficile da superare.

       Abbiamo creduto, comunque, che questa esperienza ci avrebbe cambiati, migliorati, perché ci ha colpito negli affetti, ci ha privato delle persone care, delle relazioni, ecc.

       Invece, nulla di più fatuo e aleatorio! Non è cambiato nulla, se non addirittura peggiorato in egoismo e superficialità! Perché? Come mai, nonostante viviamo una situazione così difficile, che mette alla prova tutti, ci dimostra quanto siamo fragili ed impotenti, non siamo in grado di recuperare i valori importanti e cambiare?

       A mio avviso, perché abbiamo perso di vista il senso dell’esistere, immersi in un materialismo e soggettivismo esasperato, finalizzando tutta l’esistenza nel pragmatismo.

       Abbiamo, di conseguenza, allontanato, se non eliminato, ogni riferimento al trascendente, il pensiero metafisico e il senso dell’esistere oltre questa vita.

        In questa particolare circostanza in cui stiamo vivendo, toccati da questa pandemia, da un nemico invisibile che ci costringe a fare i conti con i nostri limiti, la nostra finitudine e piccolezza, di fronte al continuo sperimentare la fragilità della nostra vita, il mistero dell’Incarnazione di Cristo resta un’occasione favorevole per recuperare il corretto rapporto con la vita e il suo valore.

       L’umanità, così bella nella sua realtà, seppure fragile e caduca, è stata assunta da Dio per elevarla alla sua Gloria, per permetterle di scoprire il valore intrinseco e il fine a cui è stata pensata e destinata. Il Natale è questo!

       Nonostante la fragilità, la miseria, la cattiveria e l’egoismo, l’umanità è destinata all’amore! Nella fragilità di un bimbo, nella sua piccolezza e dolcezza, sperimentiamo la forza dell’amore, della vita, della bontà e semplicità. Soffermandoci a guardare la vita che nasce comprendiamo la forza e la bellezza dell’esistere, eppure, nonostante tanta bellezza e forza, siamo capaci di fare del male e provare sentimenti malvagi, distraendoci da ciò che ci rende “belli e buoni”.

      Le parole di San Paolo agli Efesini ci aiutano a recuperare il valore della vita e capire su cosa fissare l’attenzione e fondare il nostro operare.

       San Paolo esorta i credenti ad essere fondati e radicati nella carità per essere ciò a cui Dio ci ha destinati: “santi e immacolati”. Il fine dell’umanità, e di coloro che accolgono e credono in Dio, è quello di vivere nell’Amore! Dio ci ha creati per il bene, per amare, e la realizzazione piena avviene proprio nell’amore, nel rendere la nostra vita, il nostro impegno, il nostro operare una espressione piena dell’amore, che si manifesta in ogni gesto, piccolo o grande, in ogni parola e in ogni pensiero destinati a operare e costruire il bene per sé e per gli altri.

       La santità non è altro che vivere nell’amore di Dio e attuarlo nella realtà in cui siamo inseriti.

      Il Natale non è, quindi, essere più buoni, ma accogliere la chiamata alla santità, che si esplica nella vita di carità, di amore. Il Natale è appunto la nostra umanità che, assunta dal Verbo, dal Cristo, è stata elevata e resa capace di vivere in pienezza l’Amore di Dio.

      «[…] il Dio del Signore nostro Gesù Cristo […] illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (Ef 1, 17-18).

      Siamo chiamati a vivere nella speranza, cioè nella certezza dell’Amore di Dio, che non è un desiderio, un moto del cuore di fronte alle difficoltà, come quello che si è levato in questo periodo: “andrà tutto bene”, ma una certezza che fa affrontare con saggezza e forza ogni situazione senza mai dubitare dell’amore di Dio.

       Una speranza che cambia la prospettiva della vita, non limitata all’occasione e alla situazione, ma sempre tesa verso la meta finale della vita in Dio. Una speranza, dunque, che è certezza perché essa è Dio stesso.

       La vita, nella prospettiva della fede, speranza e carità, assume una forza e una ragione che non è basata su sé stessi, ma su Colui che dà senso e forza alla vita, Gesù Cristo: «[…] non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me» (Gal 2, 20).

       Il Natale, la contemplazione dell’Incarnazione, ci riporta dunque alla Pasqua, al sacrificio d’amore di Dio, che ha redento la nostra umanità. Il Natale è l’occasione per comprendere che questa nostra umanità, se non si apre all’amore di Dio, resta immersa nelle tenebre, nella chiusura dell’egoismo e del male. Il Natale è il celebrare la nostra possibilità di vivere in Dio, rendendolo presente nella nostra esistenza con un impegno di carità, di apertura al prossimo.

      Il Natale è fare della nostra esistenza la presenza di Dio nella storia, non con il ricordo, ma con la novità di vita che viene dalla fede, dalla sua Parola; con la speranza che permette di vivere ogni cosa con impegno e responsabilità, non per un vanto personale, ma nella carità.

      La speranza, che è Dio, ci permette di vivere in pienezza tutto, ma senza restare schiavi delle cose, affrontando ogni cosa con la libertà del cuore e la certezza che nulla ci può separare dal suo amore.

     In questo tempo di Natale, chiediamo al Signore di accrescere la nostra fede; di aprire i nostri cuori ad accogliere la sua Parola e di vivere nella sua volontà; di vivere con impegno e responsabilità ogni situazione non vacillando mai nella fede, speranza e carità, certi che siamo destinati alla gloria, ad essere eredi fra i santi del suo Amore, del suo Regno.


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