XXVIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
“Rivestiti dell’amore di Cristo”
(Is 25,6-10a; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14)
Nella tradizione culturale, sebbene non più cristiana nell’essenza, la domenica è il giorno in cui indossare abiti diversi da quelli dei giorni feriali. Il cambio d’abito, nella tradizione culturale cristiana, indica la gioia della festa e il cambiamento interiore necessario per andare all’incontro con il Signore nella Santa Messa.
L’abito, diverso da quello indossato nei giorni feriali, indica che essere cristiani significa spogliarsi del mondo per rivestirsi di Cristo.
La novità di vita del cristianesimo è radicale e non può essere legata al solo giorno festivo.
Andare a Messa la domenica e fare le preghiere ogni giorno è sufficiente per essere dei buoni cristiani? Basta accostarsi ai sacramenti per ottenere la vita eterna? È sufficiente professare e praticare la fede cristiana per entrare nel Regno di Dio?
La parabola di Mt 22, 1-14 lo esclude in modo categorico, infatti, la domanda «Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?» rivolta all’invitato senza abito nuziale (v. 12), fa comprendere che non basta essere invitati, chiamati, occorre cambiare vita. L’abito nuziale è metafora dell’amore con il quale Dio ci ama; è l’abito battesimale purificato con il sacrificio di Cristo; è la veste candida lavata con il sangue dell’Agnello di Apocalisse 7, 13-14.
Aver ricevuto il Battesimo è solo l’inizio; è l’invito ricevuto a partecipare alla gloria di Cristo nella sua morte e risurrezione. Aver ricevuto i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana (battesimo, cresima e comunione) non rende immediatamente partecipi al banchetto nuziale, occorre che il dono ricevuto si realizzi con i fatti e in verità.
Essere invitati non rende degni di partecipare alle nozze, ma è solo il preludio, lo sprono affinché questo si compia con la conversione totale e matura della vita.
Essere chiamati e aver risposto non comporta automaticamente essere salvati, richiede l’impegno, costante e coerente, di rispondere alla chiamata con la vita. Non basta dire “Signore, Signore” (cfr Mt 7, 21), ma è necessario vivere da figli, “radicati e fondati nella carità” (Ef 3, 17).
Partecipare alle nozze dello sposo, il Cristo, il Figlio amato del Padre, comporta riconoscere che non si è migliori di quelli che lo rifiutano, perché in ognuno cresce sia il grano buono che la zizzania, è presente sia il bene che il male. Questo ce lo ricorda San Paolo quando afferma: «Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me» (Rm 7, 21).
La consapevolezza di poter appartenere agli invitati che rifiutano l’invito o che non indossano l’abito nuziale, permette di tenere desta la propria coscienza perché il discernimento sia corretto e approfondito, non dimenticando mai che è facile errare e scegliere ciò che non è gradito allo Sposo.
In questo impegno di conservarsi sempre degni di partecipare al banchetto dello Sposo, non bisogna dimenticare che Dio dà il sostegno della sua Grazia, proprio per essere e conservarsi degni del suo amore.
Dio ha donato all’umanità la sua presenza nel banchetto eucaristico. È realmente presente nell’Eucaristia ed essa è “viatico” e “fonte di ogni bene” per i suoi figli.
Accostarsi all’Eucaristia, partecipare alla Messa, memoriale dell’ultima cena, significa lottare con sé stessi, con il proprio limite e fragilità e impegnarsi quotidianamente a vivere nella verità e nella carità.
Dio ci ha costituito suo popolo, sua eredità, comunità di fedeli e fratelli in Cristo e vuole essere il “pastore buono” che conduce con amore le nostre anime verso pascoli fertili, indicandoci il cammino verso la autentica realizzazione di noi stessi.
Accogliere l’invito alle nozze, partecipare al banchetto nuziale dello sposo, richiede anche una vita di comunione con il prossimo, senza esclusioni e divisioni; senza preferenze o discriminazioni, ma riconoscendosi figli suoi e fratelli con il prossimo.
Se cuore, mente e volontà sono rivolti a Cristo, se la propria coscienza vive il corretto discernimento, valutando sempre ogni cosa e ritendo ciò che è buono (cf 1Ts 5, 21), allora vivremo in pienezza la fede, dando coerente testimonianza senza giudizio, particolarità o preferenza, senza escludere nessuno dalla propria esistenza, restando vicino a chi con fatica cerca di conservarsi nella fedeltà al Signore.
«[…] molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22, 14).
“Signore nostro Dio,
che ci hai donato il tuo Figlio,
e ci chiami a partecipare al banchetto delle sue nozze,
rendici degni del tuo invito.
Sostienici e illuminaci
con la grazia del tuo Spirito,
perché vinciamo il nostro egoismo,
il nostro peccato,
imparando a scegliere ciò che bene,
secondo la tua volontà.
Fa che l’amore con il quale ci ami,
sia la regola della nostra vita,
perché non escludiamo mai
nessuno dalla nostra vita;
non ricerchiamo mai il nostro interesse,
affannandoci nelle cose di questo mondo;
ma impariamo a dare il giusto valore
ad ogni cosa senza mai nulla
anteporre a Te,
nostro Dio e Signore,
lasciandoci condurre da Te,
Pastore buono e bello delle nostre anime.
Amen!”