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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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XIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

“Libertà dell’amore e libertà della Legge”


 

(Zc 9,9-10; Sal 144; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30)

 

       Qualche anno fa, esattamente 18 anni or sono, ricordo di aver letto un libro in pochissimo tempo, forse catturato dall’interesse della storia di vita presentata o dallo stile redazionale. Sta di fatto che, nonostante sono passati anni, ricordo benissimo ciò che mi ha lasciato dentro: la consapevolezza che per incontrare Dio occorre farsi piccoli!

       Il libro in questione è la storia personale della conversione di Leonardo Mondadori[1]. Leggendo la sua storia di conversione ho ringraziato Dio per il suo amore, che non irrompe nella nostra vita con prepotenza e forza, ma invade tutto l’essere con delicatezza e dolcezza per poi esplodere in una esuberante voglia di gridare al mondo l’esperienza vissuta e l’incontro vitale che sconvolge tutta l’esistenza.

       Le parole dell’inno di benedizione, che Gesù eleva e che è riportato nel brano evangelico di Matteo, presentano la condizione per accogliere Dio e la sua Parola, cioè l’umiltà e la disponibilità di cuore, come quella dei piccoli, che si affidano e si lasciano condurre ed educare dai genitori: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25).

       L’incapacità e impossibilità dei sapienti e degli intelligenti di conoscere Dio e la sua rivelazione, non è una punizione o una esclusione decisa da Dio, bensì la conseguenza del loro stile di vita. I “sapienti”, intesi come coloro che hanno la pretesa di sapere come vanno le cose, e gli “intelligenti”, coloro che di fatto dirigono le cose a loro piacimento e volontà, si negano ciò che non possono possedere chiudendosi ad ogni relazione d’amore con l’altro. Non è Dio a escluderli dal suo amore, ma loro stessi si tengono a distanza per l’egoismo che alberga nel loro cuore.

       I piccoli del vangelo, paragonati ai bambini, sono coloro che non hanno la pretesa di controllare e assoggettare tutto, ma si lasciano condurre per mano affidandosi a chi li ama.

       Dio si rivela a chi si fa piccolo perché Egli non è oggetto della nostra intelligenza, ma principio e fine del nostro amore. Dio bussa alla porta del nostro cuore per entrare in relazione con noi e solo quando gli permettiamo di entrare, riusciamo a comprenderlo in pienezza anche con la nostra mente.

       Il discorso di Gesù evidenzia che per conoscere Dio Padre occorre conoscere Lui, il Figlio. Dio, che nessuno ha mai visto, è rivelato dal Figlio unigenito, come recita il prologo di Giovanni.

       Nell’ascolto della sua Parola e nella sua sequela abbiamo la possibilità di conoscere il Padre e vivere la relazione filiale con Lui.

       «Venite a me» (Mt 11, 28) è l’invito rivolto da Gesù a seguirlo, a entrare nella relazione sponsale e filiale con Dio Padre, perché Egli è la Via, la Verità e la Vita che conduce al Regno e ci permette di partecipare alla sua eredità.

       Condizione per tutto questo?

       «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 29-30).

       Accogliere la sua Parola e porsi alla sua scuola: ecco le condizioni per vivere la fede.

       Il termine “giogo” può essere inaccettabile per la mentalità odierna, tutta impegnata ad evitare ogni condizione di limitazione della libertà personale. Il “giogo” indica imposizione, rigore, guida. Gesù lo usa per indicare la Legge divina, la sua Parola.

       A ben riflettere ogni libertà personale ha comunque una legge da seguire, se non altro quella della autodeterminazione di cosa fare, di quello che è piacere e valutato come buono ed utile per sé stessi.

       La legge è necessaria perché è disciplina, canalizza le forze per raggiungere l’obiettivo prefisso, tutela il valore da raggiungere e indica la via per viverlo.

       L’immagine del giogo richiama la durezza e la fatica a cui i buoi sono sottoposti. Esso grava sull’animale e lo costringe a fare quello che il padrone vuole.

       Sebbene l’immagine richiama fatica e imposizione, Gesù afferma che il suo giogo è dolce e il suo peso è leggero. Perché?

       La Legge di Dio non è imposizione; non rende schiavi, ma libera perché è una Via di amore. Ogni legge, svuotata del valore che vuole salvaguardare e sancire, stimola la trasgressione perché interpretata come limitazione e imposizione.

       La legge divina, la legge dell’amore, non è un peso perché è compresa come possibilità per vivere e conservarsi nella relazione d’amore con Dio. La sua Legge ci insegna una cosa fondamentale, da non dimenticare mai: Lui ci ha amati per primo e non per merito nostro, ma per dono suo! In questa prospettiva si comprende il senso dell’affermazione di Gesù.

       Il suo carico è leggero perché permette la realizzazione di sé nella affermazione della libertà individuale, che non è fare ciò che si vuole, ma operare per essere quello che si è, persone e figli di Dio.

       La Legge di Dio non limita la libertà, anzi la realizza perché permette alla persona di realizzarsi per quello che è e vivere la reciprocità e cooperazione con le libertà altrui, senza ostacolarle o limitarle.

       Per questo occorre “imitare” Gesù, “imparare” da Gesù, “mite ed umile di cuore”. La mitezza è la qualità del Signore, venuto per servire e dare la sua vita (Mc 10, 45). L’umiltà del cuore è la qualità fondamentale di Dio, perché l’amore è umile (Fil 2, 5-11; 1Gv 4).

       Dio non solo ci ha amato per primo, ma non ci lascia soli nel cammino di sequela a portare il “giogo” della Legge. Ci ha dato il suo Amore, lo Spirito Santo, che abita in noi, come dice San Paolo nel brano di Romani.

       Consapevole della nostra fragilità ed incostanza, della nostra durezza di cuore e di cervice, ci ha donato il suo Spirito per sostenerci e guidarci nel cammino.

       «Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi» (Rm 8, 9).

       Dobbiamo essere consapevoli che la vita cristiana è una vita secondo lo Spirito, che consiste nel mettere in pratica la Parola di Dio.

       Mettere in partica la Parola di Dio ci renderà liberi, perché è “legge di libertà”, come ci insegna l’apostolo Giacomo (Gc 1, 22-25; Gc 2,12).

       Mettere in pratica la Parola non è semplice, occorre meditarla e comprenderla; non consiste nel citarla al momento opportuno o ostentare di conoscerla, bensì significa averla come regola di vita, che scruta le profondità del proprio essere e mette a nudo ciò che siamo per indicarci la via migliore per realizzare noi stessi.

       La Parola di Dio, legge di libertà, ci permette di raggiungere la mitezza e l’umiltà del cuore permettendo di conoscerci nel profondo e comprendere di essere amati da Dio, per vivere nel suo amore ogni cosa ed ogni relazione.

       «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28).

       Essere “stanchi ed oppressi” credo sia la condizione comune ad ogni persona, sebbene può essere dovuta a tante cause e condizioni, ma abbiamo in Cristo colui che pone ristoro al nostro animo, consolazione al nostro cuore.

       Il ristoro che Cristo dona è il suo amore e il suo essere Via che ci permette di camminare nella vera gioia e nella pace. Egli ci dà conforto e forza perché è la Verità che libera (Gv 8, 32).

 

“Signore Gesù,

tu ci inviti a seguirti,

a prendere il tuo giogo di amore su di noi.

 

Tu sei la Via da seguire,

la Verità da amare,

la Vita da vivere.

 

Vogliamo imparare da te,

che sei mite ed umile di cuore,

per vivere in comunione con Te e con il Padre.

 

Ogni giorno, però, facciamo i conti con la nostra fragilità.

Ci ritroviamo spesso a volere il bene,ma a compiere il male.

L’orgoglio e la presunzione caratterizza la vita quotidiana

e ci ritroviamo a doverne pagare le conseguenze.

 

Ti chiediamo di accrescere in noi la fede,

di donarci il tuo Spirito

e di perdonarci per la durezza del nostro cuore.

 

Rendici docili nell’ascolto della tua Parola,

per saperla mettere in pratica

lasciando che essa ci scruti nel profondo

e ci guidi nel cammino di vera conversione

del cuore e della mente.

 

Rendici veri discepoli,

liberi e fedeli,

capaci di mettere in pratica i tuoi insegnamenti

e non soltanto ascoltatori superficiali della Parola.

 

Rendici veri operatori di carità

nella attenta ricerca di ciò che edifica

e impegnati a costruire il bene

nella reciprocità di coscienze,

attenti a seguire Te,

Signore e Maestro,

Via, Verità e Vita.

Amen!”

 

[1] L. Mondadori – V. Messori, Conversione. Una storia personale, Mondadori, Milano 20028.


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