Solennità di Pentecoste – Anno A - 2020
“Vivere sotto la guida dello Spirito”
(At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23)
«Ricevete lo Spirito Santo.» (Gv 20, 22).
Dio è con noi sempre! Gesù è l’Emmanuele, il Dio con noi! Dopo il suo sacrificio d’amore, ci ha donato il suo Spirito: lo Spirito Paraclito!
«παράκλητος» in greco, «paraclitus» in latino, significa “chiamato presso”, qualcuno come assistente, avvocato.
Dio è con noi e ci assiste, ci sostiene, ci guida, ci consiglia, ci protegge, ci consola, ci cura, ci ama!
Gesù ci ha donato lo Spirito proprio perché conosce il cuore dell’umanità, debole e incostante, per cui ci ha donato la sua assistenza per vivere in fedeltà e costanza la nostra adesione alla sua volontà. È nella grazia dello Spirito Santo che noi possiamo pregare, operare, annunciare. È nell’assistenza dello Spirito che possiamo compiere il corretto discernimento e conservarci nella fedeltà al Padre.
Nell’assistenza e nella grazia dello Spirito possiamo compiere quello che non è facile per la logica umana: perdonare, nella vera misericordia, che significa ridare a chi ci ha offeso la dignità perduta e il posto nel nostro cuore!
Il cristiano che vuole vivere a pieno la propria fede deve essere consapevole che le sue opere devono essere compiute in comunione con Dio, nell’assistenza e guida dello Spirito Santo. Per vivere questo la preghiera è necessaria, perché essa ci pone nella piena disponibilità all’azione dello Spirito. Ovviamente occorre pregare bene, non semplicemente recitando formule, dicendo parole, ma disponendosi nell’umiltà a comprendere e attuare la volontà di Dio.
Come posso sapere se la preghiera che vivo è autentica e offerta nella comunione con Dio?
Dai frutti che essa produce in me e attorno a me!
Innanzitutto la preghiera deve produrre “pace” e “comunione”: questi frutti non devono essere confusi con un sentimentalismo interiore in cui posso cadere convincendomi di vivere in pace e in comunione con Dio e con gli altri, ma sono veri atteggiamenti interiori che si traducono in gesti, parole, decisioni, prese di posizioni, in altre parole in un vita tutta orientata al bene comune.
La preghiera autentica, sotto la guida dello Spirito, genera vita, cioè rende creature nuove perché produce un profondo cambiamento di mentalità, per cui l’essenziale della vita non è più legato alle cose del mondo, secondo la visione umana e materiale, ma a ciò che è gradito a Dio. Tutto di questa realtà terrena diventa relativo a Dio e valido per quanto utile a operare nella sua volontà a vantaggio di tutti. Tutte le cose del mondo sono utili, ma nulla di esse è indispensabile se non per operare nell’amore!
La preghiera secondo lo Spirito edifica e non distrugge; corregge e non condanna; porta al servizio e non al comando; dispone al dialogo e non alla chiusura; perdona e non odia.
«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12, 3b-7).
Ogni battezzato ha un compito nel mondo e nella Chiesa. A ciascuno Dio ha affidato la missione di partecipare alla costruzione del suo Regno. Tutti i battezzati sono corresponsabili in questa comune chiamata alla santità, alla edificazione del Regno di Dio.
Nella comune e personale responsabilità, i battezzati sono impegnati a operare per il “bene comune”: un valore quanto mai attuale ed importante per la nostra società che educa e incentiva l’interesse personale, puntando tutto sulla attuazione e realizzazione della libertà individuale.
Parlare di “bene comune” è fondamentale, ma è comprensibile ed attuabile appieno nella dimensione della “carità”, perché essa dispone il cuore della persona a realizzare il proprio bene senza mai dimenticare il bene dell’altro, fino a saper rinunciare al proprio bene a vantaggio del bene altrui.
Il “bene comune”, secondo San Paolo, nulla a che vedere con correnti politiche che si ispirano a questo valore, perché il “bene” per San Paolo, e quindi per ogni battezzato, è Dio, pertanto parlare di “bene comune” significa appunto permettere a tutti di vivere nel “bene”, cioè secondo Dio! Non è il bene a favore della persona, ma è il bene della persana, cioè il bene che permette alla persona di essere sé stessa e raggiungere la piena maturità e realizzazione interiore di sé.
Operare per il “bene comune” per il cristiano significa realizzare sé stesso e operare perché ciascuno realizzi sé stesso attraverso azioni dirette o indirette, quindi favorendo e mai ostacolando l’altrui realizzazione.
Lo Spirito Santo Paràclito ci aiuta proprio in questa opera di edificazione del “bene comune”, perché ci aiuta a discernere il vero bene qui ed ora; perché ci guida a valutare ogni cosa affinché tutto concorra al bene a vantaggio di tutti.
Pentecoste è l’opposto della babele. Nell’azione dello Spirito non può esserci divisione e confusione. La Chiesa è unita per il dono dello Spirito; se esistono divisioni e litigi, separazioni e inimicizie, non stiamo vivendo nello Spirito!
Riconoscendo che “il cammino di comunione e di pace”, secondo l’azione dello Spirito Santo in noi, è ancora lungo e faticoso, non scoraggiamoci! Pieghiamo le ginocchia, sia fisiche che quelle del nostro orgoglio, e disponiamoci ad accogliere il dono dello Spirito.
Chiediamo il dono della “pace” e della “comunione”; di convertire la nostra mente ed il nostro cuore, perché in ogni momento della nostra giornata sappiamo scegliere sempre ciò edifica e ciò che è a vantaggio del “bene comune”.
Duccio di Buoninsegna, “La Pentecoste” (1308-1311), Coronamento della Maestà, Museo dell’Opera del Duomo di Siena