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La Luce Negli Occhi

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Venerdì Santo “Passio Domini” – Anno A

“Obbediente fino alla morte, per indicarci la via della vita”


 

(Is 52,13- 53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1- 19,42)

 

       In questo tempo l’umanità sta sperimentando la sua impotenza, anche se ha raggiunto conoscenze scientifiche tali da manipolare il genoma umano; se è riuscita a scrutare l’universo e scoprire altri pianeti, ma alla fine è costretta a fare i conti con la propria caducità, finitudine. Stiamo combattendo con un nemico invisibile, che ci ha costretto a cambiare le nostre abitudini, le nostre regole e i nostri bisogni. Per vincere questo nemico invisibile abbiamo anche riscoperto di aver bisogno del Dio invisibile!

       Abbiamo chiesto, implorato Dio di liberarci da questa calamità, da questa pandemia, da questo nemico! Si è ricorso ad ogni intercessione possibile, ma forse le domande che dobbiamo fare a noi stessi sono: “Perché Signore, tutto questo?”; “Cosa ci chiedi?” “Come rialzarci da questa dura prova?”.

       Leggiamo la nostra attuale situazione alla luce del Venerdì Santo e lasciamo che il Signore parli alla nostra coscienza, che ci indichi la via da percorrere, il cambiamento da attuare e le priorità da avere nella nostra vita.

       Il brano del profeta Isaia ci presenta il Messia come colui che conosce il patire: «[…] uomo dei dolori che ben conosce il patire […] Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; […] Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti».

       Dio avrebbe potuto manifestare la sua gloria e salvare l’umanità in tanti modi, anche i più eclatanti, facendo atterrire tutti, invece sceglie la via della “umiltà”, della “spogliazione” e facendosi in tutto simile agli uomini, eccetto il peccato (cfr Eb 4, 14-16), subendo ogni prova e soffrendo nel suo corpo. Tutto per indicare a noi che non siamo soli in questa nostra condizione fragile, destinata alla sofferenza e alla morte, ma siamo amati e destinati alla vita in Dio.

       Il Signore Gesù ha sempre detto che non saranno risparmiate calamità, pestilenze, terremoti, guerre, persecuzioni (Cfr Lc 21; Mt 26), ma queste non indicano la fine del mondo, né la punizione di Dio. Ci ricordano che siamo di passaggio in questa terra, custodi di questo mondo e, soprattutto, spesso siamo causa del nostro male.

       La passione di Cristo ci deve richiamare alla fiducia in Dio, nel suo amore e stimolare ad operare nel bene e non solo evitare il male.

       Meditare oggi sulla passione di Cristo, sulle sue sofferenze, ci deve ricordare che, essendo uomini, siamo deboli, ma in quanto resi “figli di Dio” per il sacrificio del Figlio, siamo destinati alla gloria di Dio e concorrere per il bene di tutti (cfr Rm 8, 18-30).

       La nostra partecipazione alla passione di Cristo, oggi, è di fatto vivere la quarantena come atto di carità verso il prossimo, come dono di amore per cooperare al bene di tutti.

       La nostra via crucis, le tradizioni tanto sentite del Venerdì Santo, che muovono tanti a partecipare, che commuovono i più, oggi sono “il restare a casa” per il bene di tutti: questa è la nostra partecipazione alla croce di Cristo!

       Dio oggi, a mio avviso, ci sta offrendo una grande occasione di conversione interiore, una possibilità di crescere nella fede, perché ci chiede di vivere con responsabilità, con speranza e recuperare l’essenziale mettendo ordine alle priorità della vita.

       Non dobbiamo chiedere al Signore di debellare questa pandemia, ma di convertire il cuore e la mente di tutta l’umanità, perché impari a non abusare e distruggere la vita, ma a conservarla e custodirla in ogni sua forma per il bene di tutti.

       Dobbiamo chiedere che la logica del mondo non sia l’economia, ma il benessere dell’umanità e del creato.

       Il nostro Venerdì Santo sia una meditazione della passione del Cristo e del dono di sé per l’umanità ed una presa di coscienza che come persone, e maggiormente come credenti in Cristo, abbiamo la responsabilità di cooperare per il bene.

       In questo venerdì Santo, il mondo intero è unito nel grande silenzio delle strade e nel pianto per le migliaia di vittime di questo coronavirus. La paura, l’angoscia, la solitudine e la morte hanno unito tutti gli esseri umani, senza distinzioni di nazionalità, cultura, religione, stato sociale, economico o di potere. Siamo uniti nella fragilità della nostra condizione umana, ma ancora separati da mentalità economiche e politiche.

       In questo Venerdì Santo chiediamo al Signore che tutte le persone del mondo, rese uguali dalla pandemia, si riconoscano uguali per l’umanità, ponendo fine ad ogni forma di divisione, ad ogni guerra, ad ogni interesse economico e impariamo a costruire una società in cui ogni individuo si scopra fratello del suo simile, uguali per la natura umana e non diversi per nazionalità o altro aspetto accessorio.

       Cristo ci apra mente e cuore! Uniti nella sua sofferenza, facciamo di questo momento di “nostro venerdì santo” per questa pandemia, una offerta di amore per l’umanità intera chiedendo con fede al Signore di convertire il cuore e la mente di tutti gli uomini.

       Ognuno, unito al Cristo sofferente, prenda l’impegno di cambiare per il bene proprio e del prossimo, riordinando la propria vita a partire dall’essenziale: la vita come dono!

       La lettera agli Ebrei ci ricorda quale strada dobbiamo percorrere per vivere da veri cristiani e far fruttificare la vita che abbiamo ricevuto in dono: quella della obbedienza!

       «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5, 8-9). Obbedire a Cristo significa seguirlo nella via dell’offerta di sé, cioè nella via dell’amore, della carità. Essere obbedienti al Cristo e partecipare alla sua passione, unirci alla sua passione, come dice San Paolo (Col 1, 24), significa vivere nella carità, vivere “pro”, cioè a favore del prossimo.

“Signore Gesù,

uomo dei dolori che ben conosci il patire,

guarda alla umanità intera,

colpita da questa nuova pandemia.

 

Guardala con misericordia,

come hai già fatto dalla tua croce,

e donaci la conversione del cuore e della mente,

perché questa prova

sia l’occasione per sentirci tutti fratelli.

 

Guarda alla tua Chiesa,

in ogni suo membro,

perché segua la via dell’obbedienza a te,

in uno stile di vera carità.

 

Fa che come cristiani,

ci impegniamo in questo mondo

ad essere segno del tuo amore misericordioso e fedele;

operatori di carità “senza ma e senza se”,

pronti a rendere ragione della speranza che è noi

senza paura del giudizio e della persecuzione.

 

Guardando alla tua croce,

fa che impariamo a prendere la nostra croce,

quella della “obbedienza al tuo amore”,

e a seminare amore in ogni occasione,

in ogni contesto, in ogni cuore.

Amen!"


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