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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A) - 2023

“Riordinare la vita in relazione a Dio”


 

(Gen 2,7-9; 3,1-7 - Sal 50 - Rm 5,12-19 - Mt 4,1-11)

 

          Il tempo di quaresima è una opportunità per riordinare la propria vita in relazione a Dio.

          È l’occasione da non perdere per fare spazio a Dio, che non giudica ma ama!

       Parlare di peccato, oggi, soprattutto con le giovani generazioni, è difficile perché a questa categoria viene associata la “punizione”, la “condanna”.

        Dio è assente o non accettato, non solo perché “non si ha la certezza della sua esistenza, non è dimostrabile”, come spesso si afferma, ma anche perché accettare la sua esistenza comporta dover fare i conti con Lui delle scelte e delle azioni quotidiane.

         Per la cultura dell’individualismo questo è assurdo!

         Questo stile di vita e di mentalità della società contemporanea chiede al battezzato di dare testimonianza con la sua vita!

       Iniziare la Quaresima meditando il brano evangelico delle tentazioni è l’occasione per comprendere quanto sia urgente e necessario riordinare la nostra vita di battezzati.

        Nella quotidianità siamo costantemente posti di fronte alle tentazioni del bisogno, dell’autonomia da Dio e del potere.

      

       La prima tentazione legata ai bisogni primari sembra una assurdità: abbiamo bisogno di mangiare, di vestirci, di curare la nostra vita corporea! Eppure, se ben riflettiamo, oggi questo è diventata una vera idolatria, perché la vita fisica ha più valore della vita spirituale. La cultura dell’apparenza ci induce a curare il corpo più che lo spirito. Ci preoccupiamo più dell’efficienza fisica, che del modo di essere, dei valori su cui fondare la nostra esistenza.

       Dio non ci chiede di non aver cura del nostro corpo, del benessere fisico, tanto che ci ha dato un comandamento che ci ricorda che la vita è sacra: Non uccidere!

       Ma la cura di sé non può essere rivolta solo all’aspetto esteriore. Non siamo solo corpo, ma anche spirito, psiche, sentimenti. Prendersi cura di sé deve riguardare tutto e dare il giusto ordine e valore ad ogni parte della nostra esistenza.

 

       La seconda tentazione, dell’autonomia da Dio, è poco considerata perché per l’uomo di oggi credere in Dio è inutile. Di fatto è la tentazione più presente e radicata nella cultura moderna e, in particolare in quella occidentale.

        «Dio è morto, Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!», affermava Nietzsche in “La Gaia Scienza”. Questa espressione, che meriterebbe una riflessione dedicata, è diventata lo slogan per giustificare la modalità di vita di oggi. “Non abbiamo bisogno di Dio” è la sintesi dello stile di vita. Fa comodo aver rimosso Dio per affermare l’Io e non aver altra regola di vita che la propria volontà e come giudizio il proprio sentire e la propria razionalità.

         Cosa comporta ciò? Relazioni sempre più superficiali; legami affettivi deboli; individualismo e diffidenza; valori sempre più relativi tanto da ridursi ad uno solo e indiscusso: IO!

          Una società dove l’IO è assoluto fino a quanto durerà?

 

       La terza tentazione è quella più incisiva e insistente da sempre, ma oggi grazie allo sviluppo della tecnologia e della comunicazione mediatica è più subdola e insidiosa. Il potere legato al successo economico, alla possibilità di influenzare e avere seguaci, milioni di like per ciò che diciamo, facciamo.

       Affermarsi e avere denaro, potere e successo è sempre più considerato come l’essenziale. Le relazioni umane sono assoggettate a questo bisogno e traguardo da raggiungere. Tutto è relativo e dipende da questo!

       Anche i sentimenti, gli affetti sono secondari al successo, alla fama, alla gloria personale!

 

       Buon cammino di Quaresima!

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) - 2023

“Santi e perfetti nell’oggi”


 

(Lv 19,1-2.17-18 - Sal 102 - 1Cor 3,16-23 - Mt 5,38-48)

 

         «Sono fatto così». Quante volte abbiamo detto o sentito questa espressione! Detta, molto spesso, per giustificare il proprio comportamento o per affermare la propria personalità di fronte a contestazioni o denunce di scorretta modalità di agire.

       Questa espressione, di fatto, esprime una chiusura di fronte alla possibilità di cambiamento, un arroccarsi e un porsi su un livello di correttezza. Esclude di fatto la reciprocità con gli altri e, maggiormente, la possibilità di accogliere Dio e seguire la sua volontà.

       In una società in cui l’individualità e la libertà personale sono assoluti, ove nulla può mettere in discussione la propria personalità, è comprensibile che la categoria “perfezione” è riferibile alla percezione soggettiva e la categoria “santità” è esclusa o non considerata.

       In questo contesto culturale diventa necessario ridare senso e chiarezza ai termini “santità” e “perfezione”, mediante una testimonianza di vita dei battezzati, che ridia il corretto posto a Dio nella vita dell’umanità di oggi.

       Il concetto di “santità” riferito alla persona umana spesso viene identificato come la condizione di “super-eroe”: il santo non è più un uomo con la sua debolezza, con i suoi desideri, con la sua ricerca della felicità, del piacere, del godere, ma è considerato quasi una persona “a-normale”, nel senso che non ha nulla a che fare con la normalità della vita, come se vivesse in una realtà parallela a quanto la gente comune vive quotidianamente.

       La santità è, dunque, vista come condizione impossibile, riservata a pochi eletti.

       L’assenza di Dio dalla vita quotidiana, relegato ad essere presente solo ad una minima parte della sfera privata, ha portato a non comprendere più questa categoria.

       Assente Dio dalla vita dell’uomo, la santità è stata sostituita con l’autosufficienza, l’autoreferenzialità, l’egocentrismo.

      

       «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19, 2).

 

       L’espressione del libro del Levitico chiarisce subito una condizione fondamentale della santità: la relazione con Dio!

       Non si vive la santità senza il riferimento a Dio, perché la santità è appartenere a Dio, essere abitati dalla sua presenza.

       Solo in una relazione di profonda comunione con Dio si vive la santità, perché si vive di Dio, secondo la sua volontà, in ascolto della sua Parola.

       La santità non è, dunque, fare cose prodigiose, fare i miracoli, ma rendere l’ordinario presenza di Dio. Diventare Santi non vuol dire salire agli onori degli altari, essere proclamati tali dalla Chiesa, ma vivere appieno il proprio Battesimo.

       Essere Santi significa vivere la propria fede nella semplicità del proprio essere, nella routine della vita, lasciandosi abitare dalla Grazia di Dio, nella fedeltà al suo Amore.

 

       «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48).

 

       Gesù parla di “perfezione” e lo fa a conclusione del suo discorso sulle Beatitudini, sulla Legge nuova, che è Lui stesso. Dopo aver indicato la via di Dio che è l’Amore, che distingue il cristiano dal mondo, invita ad essere “perfetti”.

       La perfezione evangelica, dunque, non è altro che vivere nell’Amore di Dio. Non è altro che amare Dio e il prossimo secondo l’insegnamento evangelico.

       Essere perfetti significa: vivere nella Legge di Dio (Mt 5, 17-20); vivere nel perdono e nell’accoglienza dell’altro (Mt 5, 21-26. 38-47); avere un cuore puro, limpido, casto (Mt 5, 27-32); vivere nella Verità e annunciare la Verità (Mt 5, 33-37).

       Questa è la fede cristiana! Non è ritualismi, devozioni, tradizioni popolari religiose.

La fede cristiana è vivere di Cristo, essere rinnovati e trasformati da Lui, appartenere a Lui: «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1Cor 3, 23).

       San Paolo dice che bisogna essere “radicati” e “fondati” in Cristo nell’Amore: «Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità» (Ef 3, 17); “conformi” a Lui (Rm 8, 29).

       Essere “santi”, “perfetti”, non richiede uno sforzo oltre natura, ma una scelta per Cristo e un impegno a vivere secondo il suo esempio.

       Tutto questo si realizza per il dono gratuito dell’Amore di Dio, vivendo nell’Amore di Dio e agendo con l’Amore di Dio.

       Vivere la santità significa essere una offerta vivente a Dio in Cristo Gesù; significa rendere presente, concreto nella vita personale ciò che affermiamo nella dossologia finale della preghiera eucaristica: Per Cristo, Con Cristo e in Cristo …

        Dio ci illumini e ci guidi con la sua Grazia perché tutto ciò si compia nella nostra vita! Amen.


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