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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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TERZA DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) - 2022

“La vita da risorti in Cristo!”


 

(At 5,27-32.40-41 - Sal 29 - Ap 5,11-14 - Gv 21,1-19)

 

       «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21, 16).

       Amare Dio può sembrare difficile ed oneroso, perché la fatica per l’essere umano nell’accogliere Dio nella propria vita nasce dalla errata convinzione che ciò comporterebbe la perdita della propria autonomia e libertà dovendosi assoggettare ai suoi comandi.

       Amare Dio è il fondamento della fede; senza l’amore per Dio nulla di ciò che ci ha insegnato può essere accettato e compreso. Tutto appare come superiore ad ogni possibilità umana e, soprattutto, incomprensibile, inaccettabile dalla ragione.

       Amare Dio è possibile, però, solo facendo esperienza del suo amore misericordioso, accogliente e liberante!

       Il Dio cristiano, il Dio di Gesù Cristo, non umilia l’uomo ma lo eleva alla dignità di figlio («Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi» Gv 15, 15); non impone ma ama per primo e dà l’esempio («Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» Gv 13, 15); non obbliga ma libera («Volete andarvene anche voi?» Gv 6, 67; «conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» Gv 8, 32).

       Gesù Cristo si è abbassato, spogliato, umiliato per insegnare all’umanità la via della vera realizzazione di sé: amare in modo gratuito e misericordioso!

       L’amore per Dio e la corresponsabilità verso il prossimo, da cui il servizio di evangelizzazione e di testimonianza alle coscienze, sono imprescindibili e inseparabili.

        Dall’amore per Dio deriva il servizio ai fratelli: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene […] Pascola le mie pecore» (Gv 21, 16-17).

        Non c’è vita di fede e di testimonianza vera di Dio senza l’amore, sebbene nelle concrete e fragili condizioni personali. Infatti, l’evangelista usa il verbo ἀγαπάω (agapaô) per la domanda posta da Gesù e il verbo φιλέω (fileô) per la risposta di Simone, ad indicare che l’amore di Dio è totale e gratuito, mentre quello di risposta dell’uomo è intriso della sua caducità, fragilità, incostanza, anche se pieno di volontà.

        L’evangelista usa ancora una sottigliezza e alla terza domanda fa usare a Gesù il verbo φιλέω (fileô), per farci comprendere che Dio non ci chiede oltre il nostro modo di amare. A Simone, addolorato per l’insistenza della domanda, fa rispondere aggiungendo: «(πάντα σὺ οἶδας, σὺ γινώσκεις ὅτι φιλῶ σε) Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21, 17): il “tu conosci tutto” indica la presa di coscienza di Pietro della propria fragilità e nello stesso tempo la disponibilità ad amarlo nonostante essa e con tutto sé stesso, senza menzogna, senza ipocrisia, senza vanagloria, senza sotterfugi o giustificazioni.

        Nella piena consapevolezza di ciò che si è, dei propri limiti e delle proprie capacità, senza bisogno di apparire, mostrarsi perfetti e giusti, essere pronti ad amare Dio e il prossimo: questa è la vita da risorti in Cristo!

         Amare Dio e servire il prossimo nella personale capacità e possibilità, ma senza riserve e condizioni, è quello che Dio vuole da chi crede in Lui.

       La fede non è perfezione, ma è lasciarsi rendere perfetti da Colui che lo è, Dio Padre. La fede è un cammino nell’amore per Dio e il prossimo, nella semplicità del proprio essere, ma nella verità del proprio cuore, della propria coscienza.

        Solo aprendosi all’amore di Dio, lasciandosi rinnovare prendendo coscienza di ciò che si è, e camminando in fedeltà e umiltà secondo Verità nell’amore misericordioso di Dio, raggiungeremo la Santità e la perfezione: la vita in Dio!

SECONDA DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO C) -2022

“Edificare la Pace partendo dal proprio cuore”


 

(At 5,12-16 - Sal 117 - Ap 1,9-11.12-13.17-19 - Gv 20,19-31)

 

       «Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore […] Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,19-21).

       Gesù dopo la resurrezione appare ai suoi discepoli e mostra loro le ferite della crocifissione per rispondere alla loro incredulità, al senso di sconfitta e di abbandono che li aveva colti dopo la morte del Maestro e Signore.

     I discepoli, in particolare Tommaso, non hanno ancora compreso quanto insegnato da Gesù. Hanno bisogno di superare la loro incredulità; quella paura che rende cieca la ragione e non gli permette di comprendere fino in fondo gli insegnamenti del Cristo.

       La fede non è sentimentalismo né accecamento della razionalità, ma è accoglienza ragionata e libera della proposta di vita nuova del Cristo.

       Tommaso, presentato spesso come il modello del credente, non è diverso dagli altri apostoli. Anche a loro, in assenza di Tommaso, Gesù ha bisogno di mostrare le mani e il costato perché lo riconoscano, perché la loro razionalità permetta l’assenso della fede.

       Una fede senza ragione è bigottismo di bassa lega; è tradizionalismo slegato dalla vita; è religiosità vuota e incapace di portare frutti di amore e di pace!

          Gesù si presenta ai discepoli e dice: «Pace a voi!».

       La Pace è il dono della fede nel Cristo morto e risorto; è la condizione di chi lo riconosce Signore e Maestro, Via, Verità, Vita (cfr. Gv 14, 6). È la vera condizione dell’uomo che si riconosce creatura di Dio, amato e redento, destinato alla vita in Dio.

       La Pace vera è frutto della fede perché è “vita in Dio”. Solo quando l’umanità si riconoscerà pienamente in Dio, comprendendo che la sua caducità è destinata alla vita in Lui, liberata dalle logiche egoiste e dagli interessi terreni per scoprire il vero valore della vita, si raggiungerà la vera pace nel mondo.

          La Pace è frutto della resurrezione perché in Cristo l’umanità può vincere il suo egoismo e il peccato che da esso si genera. La Pace nasce, dunque, dalla riconciliazione dell’umanità con sé stessa e il mondo, frutto della redenzione operata dal Cristo.

         Cristo Gesù ha redento l’umanità nella obbedienza al Padre, offrendo sé stesso e in questa redenzione d’amore ha offerto all’umanità una nuova identità rigenerata dal suo amore.

       Riconoscendosi in Cristo, uomo nuovo, nuovo Adamo, l’umanità impara a superare ogni divisione, pregiudizio, discriminazione, egoismo, abuso, atto di violenza e sopruso verso il proprio simile.

         Invocare la Pace, vivere in Pace deve significare impegno nel riconoscersi fratelli di tutti, uguali in dignità e solo così si costruirà e manterrà la Pace!

          «non essere incredulo, ma credente!» (Gv 20, 27).

         La fede in Cristo apre alla vita nuova in cui non c’è odio; non c’è distinzione di pelle, di etnia. La fede in Cristo svela il vero cuore dell’umanità capace di amare il proprio prossimo oltre tutto e soprattutto.

       Aprire il cuore a Cristo è aprire il cuore al prossimo e divenire veri costruttori di Pace! Si costruisce la Pace a partire dal proprio cuore!

       Che la pace di Cristo abiti nei nostri cuori, per amarci veramente ed essere un solo popolo in Cristo (cfr Col 3, 14-15).

DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C) - 2022

“Risorti nella Verità, per amare in sincerità”


 

(At 10,34.37-43 - Sal 117 - Col 3,1-4 – oppure 1Cor 5,6-8 - Gv 20,1-9)

 

         «Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità» (1Cor 5, 8).

        Eccoci a celebrare la Pasqua finalmente con una certa libertà dalle restrizioni della pandemia per respirare la tanto agognata “normalità”.

       A prima vista tutto sembra indicare normalità e ritorno alla piena assunzione di libertà. La scena di Papa Francesco solo nella piazza San Pietro deserta resterà impressa nella nostra memoria. Un Venerdì Santo che espresse con forza la solitudine del Cristo nell’ora della morte e nello stesso tempo la forza dirompente dell’amore di Dio che dona la vita a chi la vive in pienezza secondo il dono di Dio.

       Eppure in questa Pasqua la gioia del Cristo risorto continua a risuonare con forza nella “normale e naturale” cattiveria umana: basti pensare all’atrocità della guerra, al delirio di potere di chi si ritiene migliore, superiore ad ogni altra persona.

       Se l’umanità non si rende disponibile a compiere il passaggio dall’egoismo all’amore, la Pasqua resterà semplicemente un rito e una tradizione culturale.

       San Paolo lo dice chiaramente ai Corinti: occorre togliere il lievito vecchio “della malizia e della perversità” per vivere nella “sincerità e verità”! A quasi duemila anni dalla stesura di questa Lettera (tra il 53 3 il 57 d.C.), le parole di S. Paolo sono attualissime evidenziando che il peccato può essere vinto solo nel personale e costante impegno di conversione del cuore riconoscendo che Dio ha l’unica e piena Parola di Verità per l’uomo.

       L’arroganza umana di credersi, sentirsi e atteggiarsi da “dio pieno di potere decisionale” conduce a tutte quelle azioni che generano sofferenza, discriminazione e morte.

       L’apertura alla proposta d’amore di Dio e l’accoglienza della sua Parola di verità rende l’umanità capace di vivere nella Pace, nella solidarietà e nella carità.

       Ecco la Pasqua da celebrare! Ecco la resurrezione a vita nuova da vivere, per l’amore salvifico di Dio Padre in Cristo Gesù, morto e risorto.

       In questi anni abbiamo desiderato di riappropriarci della “normalità”, che la pandemia sembrava averci tolto con irruenza e forza inaudita ed improvvisa. Eppure in questa Pasqua, dove la “normalità” sembra raggiunta, non possiamo gioire appieno per tutto l’egoismo e cattiveria che appartiene all’umanità intera.

       L’annuncio della Pasqua carico di vita nuova è ancora attenuato e ovattato dalla malizia, dal giudizio discriminante, dall’odio che genera morte, dalle tante parole che, anziché edificare, distruggono!

       I cristiani da duemila anni sono chiamati a portare l’annuncio di speranza e di misericordia all’umanità intera, partendo dal prossimo che è accanto a noi.

         I cristiani, in ogni parte del mondo, sono annunciatori della vita nuova del Cristo risorto con la vita, con i gesti e le parole: piccoli e normali segni di presenza del Cristo che generano comunione, che rialzano dalla miseria della caducità e donano speranza.

       «[…] risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2).

       La Pasqua è ricerca della volontà di Dio nella quotidianità della vita di ciascuno; è vivere il presente con responsabilità e impegno con la costante tensione alla vita in Dio.

        La Pasqua è rinnovamento interiore; è amore sincero e vero per il prossimo; è vita che genera vita nelle piccole cose, nelle parole dette o omesse per carità del prossimo; è perdono che rialza e riaccoglie.

          Celebrare la Pasqua significa, dunque, amare con il cuore di Dio!

       Buona Pasqua e che la gioia del Cristo risorto si traduca per ciascuno in novità di vita in sincerità e verità.


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