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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
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SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - 2023

“Come Maria, essere dimora di Dio”


 

(Nm 6, 22-27 - Sal 66 - Gal 4,4-7 - Lc 2,16-21)

 

            Nelle Litanie Lauretane invochiamo la Vergine Maria “Tabernacolo dell’eterna Gloria”.

            Questo titolo ci aiuta a vivere con particolare attenzione e venerazione la Solennità della Madre di Dio.

           La Vergine è la “tenda” (vedi Es 25-27) della presenza di Dio, della Gloria di Dio, che si è fatto carne. “Tabernaculum” in latino indica, appunto, la piccola dimora, la tenda.

           Lei, la Vergine umile e docile alla Grazia di Dio, è la dimora di Dio, scelta e preparata dall’Eterno, perché Colui che l’ha creata divenisse in Lei carne.

           Maria è la Madre del Creatore, il tempio della sua Incarnazione, la dimora della sua Gloria per l’umanità: ciò che è un privilegio per Lei, è un dono di Grazia per tutti gli uomini amati dal Signore.

          Venerando Maria, Madre di Dio, Tabernacolo dell’eterna Gloria, non bisogna dimenticare che i cristiani sono, per il Battesimo ricevuto e l’Eucaristia che ricevono, anche loro “dimora” di Cristo.

          Certamente noi credenti non possiamo paragonarci alla Vergine Madre, ma dobbiamo imitarla e invocarla, come “Avvocata dei peccatori” per essere anche noi “presenza”, “tenda”, “dimora” di Dio nel mondo.

       Essere dimora di Dio, come Maria, significa dire il nostro “Si” all’Amore di Dio, accogliendo la sua Parola, ogni giorno e camminare in essa. Può sembrare arduo, ma è l’essenza della vita cristiana: il cristiano vive la vera e piena sequela del Verbo se rende presente la Parola nella quotidianità del suo vivere.

         Maria ci insegna a porre ascolto, ad accogliere e meditare la Parola in umiltà e totale disponibilità. Ha dubitato razionalmente di fronte all’annuncio dell’Angelo, per comprendere quanto le veniva detto, ma il suo dubbio razionale si è aperto alla disponibilità del cuore e della vita di fronte all’Amore di Dio.

         Maria, pur sapendo che quel figlio era Dio, non aveva conoscenza di quello che gli sarebbe accaduto e si meravigliava, si stupiva di quello che veniva detto di Lui, ma tutto lo accoglieva “meditando e conservando nel cuore” perché il suo “Si” non venisse mai meno.

        Di fronte alle tante vicende della nostra vita dobbiamo imparare a “discernere”, a “comprendere” ciò che accade con gli occhi di Dio e nella sua volontà. Non significa “rassegnazione” o “annichilimento” della nostra razionalità e volontà, ma significa saper indirizzare le nostre capacità e la nostra volontà per vivere e operare nell’Amore di Dio.

        Tutto ciò non può realizzarsi in noi se non abbiamo un costante rapporto con la Parola di Dio mediante l’ascolto e la meditazione diuturna. Non basta perciò il semplice sentire la proclamazione della Parola durante la celebrazione Eucaristica, ma occorre “nutrirsi” della Parola leggendola, studiandola, meditandola, affinché essa diventi la “misura” del nostro conoscere e vivere la storia.

          Alla scuola di Maria, Madre di Dio, Serva umile e docile, Tabernacolo dell’eterna Gloria, impariamo a metterci alla scuola della Parola, per essere come Maria “dimora di Dio” nel mondo, “testimoni” della sua Presenza, del suo Amore, della sua volontà.

       Quando la Parola abita nel cuore dell’uomo, la vita sacramentale non è ridotta a ritualità, ma porta frutti di Grazia santificando l’esistenza della persona.

       Venerando Maria, la Theotòkos (gr. Θεοτόκος), la Madre di Dio, mettiamoci alla sua scuola: aprendo il cuore a Dio in umiltà e servizio; accogliendo la Parola e meditandola con perseveranza e costanza; accostandoci ai Sacramenti con totale disponibilità e fede per essere rinnovati dalla Grazia di Dio; impegnandoci a “discernere” le vicende quotidiane con la fede, per saper dire sempre il nostro “Si” all’Amore di Dio e vivere in esso con opere “di Carità nella Verità”.

         In questa giornata mondiale della Pace, Maria ci insegni ad aprirci alla Verità per vivere nell’amore vero, nell’accoglienza reciproca, nella edificazione di relazioni nel pieno rispetto della comune dignità di persona pur nella diversità di pensiero e di fede.

          Buon anno nuovo a tutti!

Natale del Signore 2022

“Testimoni della Grazia di Dio”


 

          «È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2, 11).

       Guardando come vive il Natale il mondo occidentale, l’affermazione di San Paolo a Tito è anacronistica.

       Natale per questa società secolarizzata, che potremo definire anche neo-pagana, non è altro che consumismo.

       La frase che è diventata tanto virale da indicare l’essenza del Natale è: “A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai!”.

        Con questa espressione viene presentato il Natale come un tempo limitato in cui si può essere diversi, capaci di fare tutto e vivere sentimenti che normalmente non si vivono.

         Un tempo, un momento magico!

        In tutto questo Cristo dov’è? Il Dio che si è fatto carne per amore dell’umanità cosa ha a che fare con questa identità del Natale?

        A mio avviso nulla! La secolarizzazione ha pian piano sconvolto l’essenza di questo tempo, che non è magico, ma è un tempo di Grazia!

       Soffermandoci a riflettere sulla vera identità di questa Solennità, l’affermazione di San Paolo non solo esprime con chiarezza e sintesi il Natale, ma anche l’identità della vita del battezzato: essere annunciatore della manifestazione della Grazia, del dono della salvezza per tutti gli uomini!

      In questo Natale, soffermandoci a meditare sull’amore di Dio che si è fatto carne, contemplando l’effige del Bambinello che esprime la tenerezza di Dio per noi, domandiamoci se con la nostra vita rendiamo visibile questo evento della Salvezza.

         Cristo che si è fatto carne, che si è manifestato per noi, non si può ridurre ad un fatto storico, ma è un evento che si realizza ogni giorno e in ogni momento della vita degli uomini, quando questi vivono secondo la sua Parola, lasciando che la Grazia li guidi e li rinnovi interiormente per essere presenza del suo Amore nel mondo.

         Natale è vivere ogni giorno la presenza di Dio nella propria vita!

         Natale è rendere manifesta la Grazia, la Salvezza di Dio nella quotidianità della vita.

         Se la società oggi è sempre più indifferente all’evento della Salvezza, lontana dal Cristo, il Dio che si è fatto carne, l’Emmanuele che vive nella storia e nella vita degli uomini che lo accolgono, la responsabilità non può essere data solo alla cultura del tempo, alle varie ideologie imperanti, all’economia ragione fondamentale della società. La responsabilità è in primis di chi è chiamato a dare testimonianza della Salvezza che «insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2, 12).

       In questo Natale chiediamo a Dio di renderci sempre più consapevoli e impegnati in questa missione di testimonianza in questo mondo sempre più indifferente verso Cristo!

         Santo Natale a tutti!

IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) - 2022

“Essere segno di Dio!”


 

(Is 7,10-14 - Sal 23 - Rm 1,1-7 - Mt 1,18-24)

 

       «[…] il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7, 14).

     Abbiamo bisogno di segni per credere? Abbiamo bisogno della dimostrazione della esistenza di Dio? Avere la certezza che ciò che è raccontato nella Scrittura sia accaduto realmente?

       A questa generazione incredula, scettica, poco incline a credere senza prove scientifiche, come testimoniare la fede?

      Ad una società che ha fatto del Natale un tempo che possa favorire l'economia, il consumo di beni, quale segno dare, quale annuncio fare per accogliere il Cristo che si è fatto carne e vive per sempre in mezzo a noi con la sua presenza reale nell'Eucaristia?

      Il segno non può che essere una condotta di vita tutta radicata e fondata su Cristo, seguendo i suoi insegnamenti e che si traducono in gesti e parole in verità e carità.

      Il segno per questa generazione, per questa società secolarizzata, sono i battezzati che vivono nella gioia, nella vera comunione di intenti e di vita la loro fede.

      Il segno del Natale, dell'incarnazione di Dio, è la comunità di fede che vive nella verità e si rapporta “ad intra” e “ad extra” nella carità.

     Per essere segno, quindi, occorre bandire ogni menzogna, invidia, meschinità; superare ogni divisione e senso di superiorità, che tante volte  caratterizzano le comunità di fede e allontanano i deboli e piccoli nella fede.

     La Vergine e il suo sposo Giuseppe accolgono la chiamata di Dio in umiltà e totale disponibilità. Non rinunciano alla ragione, ponendo il loro dubbio, perplessità, ma nella piena disponibilità a lasciarsi guidare e usare.

     Questo deve essere lo stile del battezzato, che diventa, così segno credibile e imitabile per il tempo che viviamo.

     Il Natale oggi, per tornare ad essere in pienezza una festa di fede, ha bisogno di credenti che siano segni di Dio nella quotidianità, segni credibili della Sua presenza con la condotta di vita fondata sulla Verità ed espressa in opere di autentica Carità.

     Il Cristo che si incarna ogni giorno nella vita del credente mediante i Sacramenti, la Parola ascoltata e meditata, la preghiera di lode e di intercessione, si fa presente nel mondo grazie al battezzato che è “segno” di Dio, del suo Amore, per il suo discernimento attento, nello scegliere sempre il Bene, e per il coraggio di andare controcorrente per non rinnegare la sua fede!

    La Vergine Maria, segno dell’amore di Dio, sia per ogni credente il modello di umiltà e di mansuetudine, di docilità alla Parola e di arrendevolezza allo Spirito affinché il mondo possa riconoscere in loro il segno tangibile e credibile della presenza di Dio nella storia dell’umanità e aprirsi ad accoglierlo come il Salvatore, il Re dei re, il Signore della Gloria e dell’Amore.

III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) – GAUDETE - 2022

“Costanti nella Verità”


 

(Is 35,1-6.8.10 - Sal 145 - Gc 5,7-10 - Mt 11,2-11)

 

       «Siate costanti […] rinfrancate i vostri cuori […] prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore» (Gc 5, 7-10).

       La costanza è fondamentale per vivere nel bene e nella ricerca della verità.

       La fede cristiana non è una dottrina, che si acquista mediante la conoscenza intellettuale, bensì è una persona, il Cristo, Via Verità e Vita. Per vivere la fede occorre, quindi, una costanza nella relazione con Cristo fatta di ascolto, di imitazione e di dialogo.

       L’invito dell’apostolo Giacomo, ad essere costanti e a prendere a modello i profeti, deve stimolare ad un impegno fattivo e attento nel conoscere Cristo e camminare nella Verità.

       “Rinfrancate i vostri cuori”: l’apostolo Giacomo esorta a rinfrancare i cuori proprio nella costanza della vita di fede.

       La gioia cristiana nasce dalla relazione con Cristo vissuta con costanza e dalla costanza del vivere la fede nasce la vera gioia del cristiano.

       La gioia (che caratterizza questa terza domenica di Avvento, perché ormai è prossima la Solennità del Natale) del cristiano è Cristo e vivere nella sua imitazione, camminando secondo il suo insegnamento, amando come Lui ha amato.

       La gioia del credente non è effimera, di un momento, ma è duratura; non viene mai meno, anche nei momenti tristi, duri, di dolore e morte, perché è fondata sul sapere di essere amati da Dio.

       Se la gioia nasce dalla costanza, da questa gioia trova ragione l’impegno a vivere in costanza la fede, senza “ma” e senza “se”, sebbene con la debolezza della propria condizione e il dubbio e le prove che spesso la minano.

       Questa interdipendenza tra gioia e costanza è il punto di forza della testimonianza, del “rendere ragione della speranza” (1Pt 3,15).

       Non si dà una testimonianza credibile se essa non è espressione di un cammino costante nella Verità e di una gioia espressa in un animo caratterizzato dai frutti dello spirito che sono: «[…] amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé» (Gal 5, 22).

       Celebrare il Natale, lasciare che Cristo si incarni in noi ogni giorno e vivere con costanza questa adesione, deve generare vita, gioia, amore e speranza in ogni battezzato e in ogni persona incontrata. Ecco la vera essenza della fede cristiana!

       Vivere la costanza nella Verità, nella conoscenza di essa e nella relazione di amore, di carità verso il prossimo: ecco i pilastri della fede nel Dio che si è fatto carne per noi!

       Conoscere la Verità e camminare con costanza in essa significa: ascolto attento e studio della Parola; preghiera costante di un animo sempre in ricerca del bene; operare nella carità secondo verità, cioè con attento discernimento e determinazione nel saper dire di no al male.

       In questo tempo di relativismo come vivere la virtù della costanza, spesso intesa come staticità, immobilismo e morte della libertà individuale?

       La risposta la troviamo nel comprendere quale sia il centro della esistenza della persona. Se al centro del vivere si pone l’io e il bisogno di soddisfare ogni voglia e necessità, certamente parlare di costanza equivale a morte.

       Porre, invece, Cristo al centro della propria vita significa dirigere tutto il proprio essere a vivere rivolti a ciò che è oltre l’immanente.

       In questo modo vivere la virtù della costanza non è sinonimo di morte o di immobilismo, ma fermezza in ciò che dà senso e valore al vivere. Da qui la vera gioia per la persona, che non è altro che il Cristo!

       La gioia deriva, dunque, dal riconoscere che il Dio che si è fatto carne per me è la Verità da conoscere e amare, la Vita da vivere, la Via da seguire.

       Al relativismo della cultura odierna i credenti annunciano la costanza nel seguire il Cristo che dà senso, valore e gioia vera ad ogni istante del vivere.

      La costanza nella Verità è la testimonianza gioiosa che il credente dona con la propria vita; è la risposta autentica alla mancanza di senso che caratterizza spesso la vita contemporanea; è la gioia con la quale contagiare il prossimo perché conoscano Cristo e lo accolgano per la loro vita come Via, Verità e Vita.

      

II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) - 2022

“Dall’habitus di pace alla costruzione della Pace”


 

(Is 11,1-10 - Sal 71 - Rm 15,4-9 - Mt 3,1-12)

 

       «Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare» (Is 11, 9).

       Il cantico di Isaia risuona con particolare forza in questo tempo di preparazione al Natale segnato da tanta indifferenza verso Dio e da tanta violenza per i tanti focolai di guerra sparsi nel mondo.

       Le immagini di pace e di serena convivenza descritti dal profeta, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto, … il leone si ciberà di paglia, come il bue …» (Is 11, 6-7), sembrano sempre più utopiche, irreali e impossibili.

       Dobbiamo pensare che la pace, la concordia, siano condizioni impossibili? Indicate nella Bibbia come realtà non di questo mondo e immagini di una condizione idilliaca?

       Cosa rende possibile la pace? Come può l’umanità realizzarla?

       La risposta è indicata nel versetto di Isaia: «[…] perché la conoscenza del Signore riempirà la terra […]» (v.9).

       La pace è possibile, dunque, a condizione che l’umanità conosca il Signore! La conoscenza di Dio, infatti, scioglie i cuori induriti dall’egoismo, dal rancore, dall’odio, dalla vendetta!

       Se non c’è conoscenza del Dio di Gesù Cristo non c’è pace. Il mondo non lo conosce; lo rifiuta e, in particolare nella nostra cultura, il piacere e il materialismo hanno preso il suo posto nel cuore dell’umanità.

       Il cammino per vivere nella Pace, nell’Armonia e nell’Amore è, dunque, quello della sequela di Cristo.

       Vivere da cristiani maturi, che si impegnano ad avere gli stessi sentimenti di Cristo, in una reciprocità di intenti e in una ricerca costante del Bene da compiere in Verità.

       «E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 15, 5-6).

        La Pace si realizza a partire da sé stessi: ponendosi in ascolto autentico di Cristo, della sua Parola; lasciando che il suo Amore cambi il cuore affinché nulla ostacoli la conformità a Lui.

         Avere i suoi stessi sentimenti comporta lavorare sul proprio cuore, sulla propria mente e sulla propria volontà. Tutto deve essere “per il Cristo e sull’esempio di Cristo”!

       Dalla conformità a Cristo, con un costante lavoro interiore su sé stessi, nasce l’impegno a costruire la pace, che non è semplicemente mancanza di conflitto, ma impegno costante della volontà e un agire tutto orientato a riconoscere e rispettare la dignità dell’altro.

       La pace di Cristo, frutto dello Spirito (Gal 5, 22), cioè principio della nuova esistenza del credente che vive la piena sequela di Cristo, è il risultato della collaborazione tra la grazia di Dio, che agisce nella persona, e la sua libertà di accoglierla e di farla agire.

       La pace di Cristo, in quanto frutto dello Spirito, è una virtù da vivere: indica la condizione abituale (habitus), lo stato d’animo e lo stile di vita di chi, mediante lo sforzo e la vigilanza, ha raggiunto una certa pacificazione interiore.

        L’impegno per la Pace, come compito fattivo per cui lavorare, porta frutti autentici solo quando si è raggiunta questa condizione abituale.

       Solo un cuore che vive la pacificazione interiore può operare e costruire la pace, perché ha libero dall’egoismo, egocentrismo, dalla smania di successo e di potere.

       Solo chi ha posto al centro del suo esistere Dio, gli ha consegnato il primato sulla propria esistenza, sarà un autentico operatore di pace e un cristiano maturo, conforme a Cristo, che vive i suoi stessi sentimenti.

       Meditare sull’Incarnazione di Cristo, prepararsi a celebrare la memoria di questo evento fondante della vita di fede, non può essere ridotto ad un tempo liturgico, ad una festività che si ripete ogni anno, ma deve costituire l’essenza del cammino del credente.

         L’incarnazione di Cristo, avvenuta nella storia, deve ripetersi ogni giorno e in ogni momento nella vita del credente, come cammino di adesione, di conformità e di santificazione, per “avere i suoi sentimenti”, per vivere la virtù della pace ed essere costruttore di pace, accogliendo e rispettando l’altro.

       «Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio» (Rm 15, 7).

     Accolti da Dio, nella nostra condizione di fragilità, di miseria, di peccato, di imperfezione, di cupidigia e orgoglio, i credenti che cammino con serietà dietro al Cristo vivono l’accoglienza del prossimo come “stile e atteggiamento fondante e costitutivo della fede”.

      Natale per il credente non è un tempo magico, carico di bontà, in cui tutti essere buoni, ma è lavorare ogni giorno su sé stessi perché Cristo abiti in lui e la sua pace regni nei cuori (cfr Col 3, 15).


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