II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) - 2022
“Dall’habitus di pace alla costruzione della Pace”
(Is 11,1-10 - Sal 71 - Rm 15,4-9 - Mt 3,1-12)
«Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare» (Is 11, 9).
Il cantico di Isaia risuona con particolare forza in questo tempo di preparazione al Natale segnato da tanta indifferenza verso Dio e da tanta violenza per i tanti focolai di guerra sparsi nel mondo.
Le immagini di pace e di serena convivenza descritti dal profeta, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto, … il leone si ciberà di paglia, come il bue …» (Is 11, 6-7), sembrano sempre più utopiche, irreali e impossibili.
Dobbiamo pensare che la pace, la concordia, siano condizioni impossibili? Indicate nella Bibbia come realtà non di questo mondo e immagini di una condizione idilliaca?
Cosa rende possibile la pace? Come può l’umanità realizzarla?
La risposta è indicata nel versetto di Isaia: «[…] perché la conoscenza del Signore riempirà la terra […]» (v.9).
La pace è possibile, dunque, a condizione che l’umanità conosca il Signore! La conoscenza di Dio, infatti, scioglie i cuori induriti dall’egoismo, dal rancore, dall’odio, dalla vendetta!
Se non c’è conoscenza del Dio di Gesù Cristo non c’è pace. Il mondo non lo conosce; lo rifiuta e, in particolare nella nostra cultura, il piacere e il materialismo hanno preso il suo posto nel cuore dell’umanità.
Il cammino per vivere nella Pace, nell’Armonia e nell’Amore è, dunque, quello della sequela di Cristo.
Vivere da cristiani maturi, che si impegnano ad avere gli stessi sentimenti di Cristo, in una reciprocità di intenti e in una ricerca costante del Bene da compiere in Verità.
«E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 15, 5-6).
La Pace si realizza a partire da sé stessi: ponendosi in ascolto autentico di Cristo, della sua Parola; lasciando che il suo Amore cambi il cuore affinché nulla ostacoli la conformità a Lui.
Avere i suoi stessi sentimenti comporta lavorare sul proprio cuore, sulla propria mente e sulla propria volontà. Tutto deve essere “per il Cristo e sull’esempio di Cristo”!
Dalla conformità a Cristo, con un costante lavoro interiore su sé stessi, nasce l’impegno a costruire la pace, che non è semplicemente mancanza di conflitto, ma impegno costante della volontà e un agire tutto orientato a riconoscere e rispettare la dignità dell’altro.
La pace di Cristo, frutto dello Spirito (Gal 5, 22), cioè principio della nuova esistenza del credente che vive la piena sequela di Cristo, è il risultato della collaborazione tra la grazia di Dio, che agisce nella persona, e la sua libertà di accoglierla e di farla agire.
La pace di Cristo, in quanto frutto dello Spirito, è una virtù da vivere: indica la condizione abituale (habitus), lo stato d’animo e lo stile di vita di chi, mediante lo sforzo e la vigilanza, ha raggiunto una certa pacificazione interiore.
L’impegno per la Pace, come compito fattivo per cui lavorare, porta frutti autentici solo quando si è raggiunta questa condizione abituale.
Solo un cuore che vive la pacificazione interiore può operare e costruire la pace, perché ha libero dall’egoismo, egocentrismo, dalla smania di successo e di potere.
Solo chi ha posto al centro del suo esistere Dio, gli ha consegnato il primato sulla propria esistenza, sarà un autentico operatore di pace e un cristiano maturo, conforme a Cristo, che vive i suoi stessi sentimenti.
Meditare sull’Incarnazione di Cristo, prepararsi a celebrare la memoria di questo evento fondante della vita di fede, non può essere ridotto ad un tempo liturgico, ad una festività che si ripete ogni anno, ma deve costituire l’essenza del cammino del credente.
L’incarnazione di Cristo, avvenuta nella storia, deve ripetersi ogni giorno e in ogni momento nella vita del credente, come cammino di adesione, di conformità e di santificazione, per “avere i suoi sentimenti”, per vivere la virtù della pace ed essere costruttore di pace, accogliendo e rispettando l’altro.
«Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio» (Rm 15, 7).
Accolti da Dio, nella nostra condizione di fragilità, di miseria, di peccato, di imperfezione, di cupidigia e orgoglio, i credenti che cammino con serietà dietro al Cristo vivono l’accoglienza del prossimo come “stile e atteggiamento fondante e costitutivo della fede”.
Natale per il credente non è un tempo magico, carico di bontà, in cui tutti essere buoni, ma è lavorare ogni giorno su sé stessi perché Cristo abiti in lui e la sua pace regni nei cuori (cfr Col 3, 15).