V Domenica di Quaresima – Anno B
“Dalla Morte alla Vita”
(Ger 31,31-34; Salmo 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33)
«[…] se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24).
Nella continua ricerca del senso della vita, della propria affermazione e realizzazione, spesso perdiamo il fine della nostra esistenza e cadiamo nella profonda solitudine interiore, nel vuoto esistenziale, che cerchiamo di colmare e sublimare con il possesso e il potere.
Senza comprendere il fine dell’esistenza si resta imprigionati nella visione egoistica della vita; attaccati alla vita; ripiegati su sé stessi; perdendo la vita con l’illusione di viverla.
Gesù ci ricorda che per vivere pienamente occorre non dimenticare che la vita è dono di amore e va vissuta nella logica del dono e dell’amore.
«Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25).
La contrapposizione odio/amore, riportata in questo versetto, ci insegna che solo vivendo la vita nella logica del dono è possibile viverla in pienezza.
Odiare la vita secondo la visione del mondo significa liberarla dalle strette maglie dell’egoismo e della rivalità reciproca in cui cadiamo cercando di affermarci nella società.
La vita è relazione, amore. La vita circola in quanto ricevuta e donata per amore. In questa prospettiva siamo chiamati a morire a noi stessi, secondo la visione egoistica ed egocentrica, per vivere nella reciprocità di amore.
Gesù ci insegna che amare veramente significa servire, come lui stesso ha fatto. Servire è espressione dell’amore vero, libero da ogni affermazione egoistica, per trovare vita nella reciprocità costruttiva delle coscienze.
Credere in Cristo, scegliere di essere suo discepolo, chiede di vivere nella logica del servizio. Essere “servo” seguendo Lui che si fa “servo” per salvare l’umanità.
Questa identità del cristiano, del battezzato, di vivere da “servo” non è compresa dal mondo e, a volte, neanche dai cristiani stessi. Trova la sua fonte e ragione nella croce di Cristo, che resta “stoltezza” per coloro che non credono.
La logica del servizio nasce dalla “kenosis” di Cristo, dal suo spogliarsi, svuotarsi (Fil 2). Sul suo esempio, il battezzato, per vivere l’obbedienza alla volontà del Padre, è chiamato a svuotarsi del proprio orgoglio per aprirsi alla carità, all’amore agapico di donazione, libero dal bisogno del contraccambio e del tornaconto.
«Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,9)
La lettera agli Ebrei richiama il concetto paolino della “kenosis” e presenta il sacerdozio di Gesù come perfetto, portando a pienezza quello dell’A.T., che nonostante i molteplici e ripetuti sacrifici non poteva rendere perfetti coloro che li offrivano. Il suo sacrificio, a cui siamo uniti per il battesimo e partecipi nel sacrificio eucaristico con una condotta di vita secondo l’amore, ci rende degni di stare alla presenza di Dio e ci fa eredi della gloria di Dio.
Unica condizione: vivere in obbedienza a Cristo!
L’obbedienza a Cristo consiste nel vivere secondo la sua Parola, in verità e carità, sempre tesi a costruire il bene, nel servizio e nella accoglienza.
Obbedire a Cristo significa vivere nella Legge nuova, che è Lui stesso. Una legge che sgorga dal cuore di chi vive in comunione con Lui attraverso la meditazione della sua Parola e i Sacramenti.
La legge nuova del Cristo che è l’amore vero, in contrasto con i desideri umani. È una Legge iscritta nel cuore per l’azione dello Spirito. Per essere fedeli a questa Legge nuova occorre camminare secondo lo Spirito lottando contro i desideri naturali, che S. Paolo chiama i desideri della carne.
I desideri della carne cercano l’appagamento egoistico della persona. San Paolo ne dà un elenco chiaro: «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5, 19-21).
I desideri dello Spirito sono tutti rivolti alla reciprocità e rispetto della comune dignità: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22). Inseriscono nella logica del servizio, dove ciascuno si sente rispettato e accolto, ma nella comune ricerca della verità, che non può mai confondersi con il personale interesse o esigenza del proprio cuore.
Il cammino del cristiano, nella sequela del Cristo, va dalla “morte alla vita”, dall’egoismo all’amore agapico.
Il cammino dell’umanità, chiuso nella ricerca della personale affermazione, va di fatto “dalla vita alla morte”, perché porta inevitabilmente in se stesso la diffidenza verso il prossimo, l’uso dell’altro per interesse personale, ricerca egoistica di ciò che è utile e conveniente, affermazione di sé nell’esercizio del potere a diversi livelli.
Seguire Cristo crocifisso e risorto permette di trovare la vera vita imparando a morire ogni giorno a sé stessi per cercare sempre ciò che edifica nella comunione con il prossimo.
Il cammino quaresimale che stiamo compiendo ci porti a riscoprire la novità del Vangelo in un cammino che conduce dalla “morte” del nostro egoismo alla “vita” di comunione con Dio e il prossimo, soprattutto in questo anno di pandemia, in cui nonostante stiamo sperimentando la fragilità della nostra condizione umana e delle sicurezze del mondo e della scienza, riscontriamo spesso l’affermazione della libertà personale a discapito del prossimo.
Cristo sia glorificato in ogni battezzato con la piena adesione alla sua Parola, in obbedienza a Lui, per un cammino di conversione e di amore costante dalla “morte alla vita”!