XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
“Cercatori di Dio con cuore umile, servi del prossimo in semplicità e gioia”
(Is 55,6-9; Sal 144; Fil 1,20-24.27; Mt 20,1-16)
«Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino» (Is 55,6).
Queste parole del profeta Isaia suscitano indirettamente delle domande: Dio è cercato dagli uomini di oggi? Si sente il bisogno di Dio nel modo di vivere odierno?
Se osserviamo con attenzione lo stile di vita della società odierna, non possiamo che rispondere negativamente. Perché?
Le ragioni, ritengo, sono molteplici: innanzitutto “la cultura materialista”, che caratterizza le scelte, orienta i bisogni e condiziona i valori; in secondo luogo la mancanza di testimoni, o come disse Papa Giovanni Paolo II, di “padri”, cioè di coloro che trasmettono la fede e i valori con la loro vita, con l’esempio e accompagnano le nuove generazioni nella loro crescita e formazione.
Un'altra motivazione che giustifica la risposta negativa è la “stanchezza delle comunità cristiane”, dove non si vive più la “gioia dell’incontro con il Cristo”, che coinvolge e suscita il desiderio di conoscerlo, incontrarlo, seguirlo.
Qualcuno potrebbe obiettare a queste affermazioni ritenendole esagerate, accusarmi di pessimismo ed anche tacciarmi di non amare Dio e la Chiesa e non credere nell’intervento di Dio che guida e protegge la sua Chiesa, ma resta un dato incontrovertibile che giustifica le mie affermazioni: gli adolescenti e i giovani sono sempre più lontani dalla Chiesa e indifferenti al fatto religioso.
La realtà di questo tempo, della cultura occidentale, deve essere di sprono, stimolare e scuotere le coscienze dei credenti affinché abbiano un risveglio interiore e sentano l’urgenza, sempre attuale e necessaria, della testimonianza matura e coerente della fede.
I battezzati hanno ricevuto in dono il “munus profetico”, sono inseriti nella comunità dei credenti e costituiti annunciatori, profeti, per operare nel bene e portare frutti, ma con la viva consapevolezza di sentirsi ed essere “servi inutili”, semplici “operai”, “umili lavoratori nella vigna del Signore”, come si definì Benedetto XVI nel suo messaggio di inizio del ministero petrino, il 19 aprile 2005.
La parabola evangelica di Mt 20, 1-16, denuncia e distrugge alla radice la logica del possesso e l’atteggiamento negativo e infruttuoso di chi si sente superiore pretendendo di avere titoli di credito e di merito, ribadendo con forza che “tutto è grazia” e per la logica evangelica l’unico vanto deve essere quello appartenere a Dio.
La parabola è in contrasto con l’etica del capitalismo, materiale o spirituale, cioè con la logica del potere e del possesso come essenza della vita. Non è condannata la ricchezza in sé né il salario, ma il ritenere che sia la ragione di vita. L’insegnamento evangelico evidenzia sempre più quanto sia diversa la mentalità evangelica da quella del mondo e, in particolar modo, dalla mentalità odierna.
La ricompensa di Dio, il premio che Lui elargisce a fine giornata, eccede ogni merito ed è dono del suo amore infinito e misericordioso, senza diversità o preferenza, senza meriti personali o posizioni di prestigio.
L’impegno di ogni battezzato nel servizio nella vigna del Signore, che è di fatto il mondo, deve essere libero, umile e gioioso. Il merito, l’unico vanto possibile, è di essere stati chiamati a lavorare per il Signore e cooperare con gli altri operai.
La ricompensa, alla fine della giornata, cioè della vita, sarà partecipare alla gloria del Signore e sarà uguale sia per il primo che per l’ultimo operaio chiamato.
Tutto ciò comporta liberarci dalla logica del vanto e del potere, consapevoli che tutto è grazia e dono di Dio, a partire dalla vita personale.
L’evangelizzazione sarà fruttuosa solo se si farà attenzione a non fare affidamento sulle proprie opere, sul consueto modo di fare, avvalorato dalla frequente affermazione dei credenti praticanti: “abbiamo sempre fatto così!”.
Per non arrivare alla morte spirituale occorre essere attenti a ciò che lo Spirito suggerisce alla sua Chiesa, ad affinare il discernimento spirituale affinché si operi il bene “qui ed ora” possibile.
Per vivere nella logica del Vangelo occorre, dunque, essere “piccoli ed umili”, perché solo così si comprende che tutto è dono di Dio, proprio perché si vive nella consapevolezza di non meritarlo, esprimendo lo stesso stupore di meraviglia dei bambini.
L’umiltà e la consapevolezza di non possedere alcun merito, permette di non perdere la “gioia di appartenere a Dio” e di trasmetterla al prossimo, suscitando il bisogno di “cercarLo, fonte di vita e di grazia”.
Occorre arrivare a pensare come San Paolo: “per me vivere è Cristo!” (Fil 1, 21). Solo così i battezzati non saranno semplicemente seguaci di una religione, ma “veri cristiani”, modellati su Cristo e sua presenza nel mondo.
Tornando alle domande inziali (Dio è cercato dagli uomini di oggi? Si sente il bisogno di Dio nel modo di vivere odierno?) possiamo concludere dicendo che ciò dipende da come i battezzati vivono e testimoniano la loro appartenenza a Dio, il loro essere “operai della vigna del Signore”.
Se il mondo crederà sarà solo perché i credenti in Cristo si “comporteranno in modo degno del vangelo” (cfr Fil 1, 27).
L’invito, la chiamata che il Signore ci rivolge a lavorare nella sua vigna comporta il cambiamento di pensiero e di agire: «[…] i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55, 8); richiede il continuo “cercare” il Signore, cioè “fare la sua volontà” rinnovando mente e cuore per essere degni e puri.
“Signore,
ti ringrazio per il dono della fede,
per avervi chiamato a lavorare nella tua vigna.
Sostienimi con la tua grazia,
perché viva nella vera “umiltà”;
cerchi sempre di comprendere e compiere la tua volontà;
mi impegni al servizio del prossimo con gioia e in semplicità di cuore.
Allontana da me
la vanagloria e l’orgoglio;
la presunzione di credermi superiore agli altri,
di poter accampare prestigi o titoli per la fede che vivo.
Non permettere che sia
occasione di scandalo per chi non crede
e per i piccoli nella fede,
ma rendimi docile strumento del tuo Spirito,
perché sappia essere un testimone maturo e gioioso
del tuo amore, di Te, Dio misericordioso e fedele.
Amen!”