XIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
“Dubbiosi e fragili, con Cristo tutto possiamo”
(1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33)
Gesù, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dice l’evangelista Matteo, «costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva» (Mt 14, 22), mentre Lui congeda la folla e si ritira in preghiera. Matteo presenta il tutto con dovizia di particolari, che non hanno semplicemente il compito di descrivere i fatti o abbellire il racconto, ma hanno un significato teologico importante, che permette di cogliere il messaggio profondo del racconto evangelico.
La barca rappresenta la Chiesa, il mare il mondo e la sera il tempo della prova. Tutto avviene dopo che Gesù ha insegnato, guarito e compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: niente di diverso da quello che viviamo ogni giorno!
La fede non è una questione privata che si vive nella riservatezza della propria intimità, nella propria coscienza. La fede si vive nel contesto quotidiano della vita, immersi nella realtà del mondo, ove le prove, le opposizioni, le tentazioni contrastano il cammino e mettono a dura prova la nostra fedeltà al Signore.
I discepoli, lasciato Gesù, si incamminano nel loro viaggio, come comunità di credenti, seguaci del Maestro e si trovano in mezzo alla burrasca, sballottati dalla furia del vento e delle onde. L’evangelista Matteo sottolinea che “il vento era contrario”: è quello che accade quotidianamente ad ogni credente, cioè “camminare contro corrente”.
La fede cristiana è un cammino in direzione opposta al mondo, con il quale non possiamo trovare compromessi, ma dobbiamo restare fedeli al Vangelo vivendo, inseriti a pieno titolo nel mondo, con responsabilità e impegno, secondo quanto facciamo e siamo, a livello lavorativo, familiare, sociale, politico ecc.
I discepoli vengono messi alla prova e non riescono a riconoscere il Maestro che cammina verso di loro. Pietro, colui che sarà posto a capo della Chiesa, parla per tutti e chiede di andare incontro a Gesù. Pietro rappresenta la comunità dei credenti e, come essa, nonostante si impegna a camminare incontro al Signore, seguendo la sua Parola, tentenna nella fede.
La più grande tentazione per il cristiano è confidare su sé stesso, nella convinzione di compiere la volontà di Dio, seguendo la Parola del Maestro. Ogni volta che, nella quotidianità della vita, ci sentiamo sicuri nella fede, certi di stare seguendo la sua Parola, dobbiamo fare attenzione a che anziché confidare nel Signore, stiamo confidando più su noi stessi: quando riteniamo di essere forti e saldi nella fede e che il nostro modo di riflettere e agire è in sintonia con il Vangelo, quello è il momento in cui inizieremo ad affondare, a perdere la via e ad allontanarci dalla Parola, come l’apostolo Pietro, incapaci di resistere agli attacchi contrari “del vento”, cioè della mentalità del mondo.
Gesù rimprovera Pietro di aver dubitato, di non aver creduto nella sua parola: non si tratta del dubbio che ci coglie quando ragioniamo su Dio e sul modo di vivere la fede, ma il dubbio sull’amore di Dio, sulla sua grazia, sul suo perdono.
Pietro che dubita di fronte alla furia del vento contrario è l’immagine di ciascun battezzato, che di fronte alle avversità del mondo, al pensiero contrario alla fede e alla perdita dei valori evangelici nella società moderna, perde fiducia nell’amore di Dio e vive o con rassegnazione una fede “tiepida” o rifugiandosi nel “rigorismo morale” e nella “scrupolosità di coscienza”, trovando nei “precetti” il fondamento della propria fede, ma priva di una vera sequela di Cristo.
Il rimprovero di Gesù a Pietro: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Mt 14, 32), ci sprona a verificare in chi poniamo fiducia, se nel Dio di Gesù Cristo o nella religione e nei precetti indicati, ma privi del vero riferimento al Dio che li ha dati.
Ci fa interrogare: “cosa significa per me credere?”, “come vivo il mio rapporto con Dio e la sua parola?”, “cosa significa per me credere nella Chiesa e appartenere ad essa?”, “cosa sono per me i sacramenti e come li vivo?”. Ed ancora: “quale Dio preferisco, quello che si manifesta nel fragore roboante di un terremoto o nel sussurro di una brezza leggera?”, “un Dio che intervenga con forza contro coloro che gli si oppongono, o il Dio che manifesta il suo amore nel dono continuo della sua Grazia?”.
Tante volte ci farebbe comodo un Dio che manifestasse la sua forza verso i suoi avversari, ci risparmierebbe tanta fatica e sofferenza, ci faciliterebbe il compito della testimonianza, il servizio di “carità nella verità”.
Dio, invece, ci chiama a confidare nel suo amore e a convertirci nella mente e nel cuore per vivere con la sua “logica di amore”. Ci dona costantemente la sua grazia nei Sacramenti per sostenerci nella nostra debolezza e poter dare a tutti “ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3, 15), andiamo a Lui con cuore umile e con ferma volontà per ristorarci e impegnarci a vivere da cristiani maturi nella fede.
Impauriti, affaticati e sfiduciati, come gli Apostoli sballottati nella barca per la furia del vento contrario e per il mare agitato, seguiamo l’invito che Gesù rivolge a Pietro: «Vieni!». Andiamo a Lui accostandoci all’Eucaristia, alla Riconciliazione e meditando la sua Parola, per trovare forza e sapienza e poter dare al mondo la nostra semplice ed umile testimonianza di fede nel Dio che ci ama e vuole “la salvezza dell’uomo e non la sua morte” (cfr Ez 33, 11; Gv 12, 44-50).
“Signore Gesù,
tante volte mi sento sfiduciato, impaurito e impotente
di fronte al pensiero del mondo,
al male che vedo in me ed attorno a me.
Tante volte ritengo di essere un vero credente,
ma se mi fermo a fare un vero esame di coscienza
trovo che confido in me stesso,
rifugiandomi in precetti morali e atti di pietà
che appagano solo la mia coscienza,
ma mi allontanano dall’impegno di testimonianza vera
accanto alle persone che poni accanto a me.
Tante volte, anziché trovare e togliere il difetto in me,
riempio il cuore di vanagloria
trovando i difetti nel mio prossimo,
nei tuoi cristiani e nel mondo.
Come Pietro e gli apostoli,
tante volte ho paura di fronte
al mondo sempre più ostile alla fede.
Dubito del tuo amore,
della tua presenza,
della tua misericordia.
Riconosco che piccola è la mia fede,
ma confido nel tuo Amore e mi affido a Te,
sicuro che Tu non mi abbandoni
e vieni in soccorso alla mia debolezza.
Donami il tuo Spirito,
perché mi aiuti a mettermi in ascolto di Te,
come il profeta Elia,
non cercandoti nelle cose straordinarie ed eclatanti,
ma in quelle semplici,
nel cuore dei fratelli,
nel peccatore che non sa come rialzarsi,
nello sfiduciato che ha perso la speranza,
nel dubbioso che ha sete di Te, ma non sa dove trovarti.
Fa di me il tuo strumento
per arrivare al cuore di ogni uomo,
con la stessa tua dolcezza e rispetto.
Donami sapienza e umiltà,
per saper annunciare la tua Verità
ed amare con la tua Carità.
Illumina la mia coscienza
perché abbia sempre presente la mia debolezza
e senta sempre forte il bisogno della tua Grazia
per raggiungere la vera maturità della fede
e servire Te nei fratelli.
Amen!”