Quinta Domenica di Quaresima – Anno A
“Vivere da risorti”
(Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45)
Siamo soddisfatti della vita che conduciamo? Qual è il fine della nostra esistenza? Viviamo o ci lasciamo vivere?
Sembrano domande inutili, ma se ci soffermiamo a riflettere, forse facciamo fatica a dare una risposta sicura. A primo impatto risponderemo di essere soddisfatti e felici, poi, analizzando bene la nostra vita, inizieremo a evidenziare ciò che ci porta a porre i “ma” e i “se” e a concludere che forse, anche se abbiamo molto, non possiamo dire che siamo soddisfatti!
In questi giorni di quaresima e di quarantena forzata, per evitare il diffondersi del Covid-19, abbiamo molto tempo per riflettere. Siamo chiusi in casa senza più le molteplici cose da fare. Siamo obbligati a vivere dell’essenziale.
Cosa è l’essenziale per noi? Ce lo siamo chiesti?
Abbiamo l’opportunità di fare “deserto”, di fare una quaresima vera. Eppure, credo, difficilmente abbiamo fatto silenzio, affollati nell’immenso mare del web, assordati dalle tante voci, video, messaggi e letture da fare.
Eppure abbiamo l’opportunità di fare “silenzio interiore”; recuperare il dialogo con la nostra coscienza e con Dio; riflettere e meditare sulla vita e sulla Parola di Dio.
A cosa stiamo dando priorità? Dio ha un posto nella nostra giornata?
Tutte queste domande ci introducono alla meditazione della Parola di questa Quinta Domenica di Quaresima.
«Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio […] Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete» (Ez 37,12-14).
Dio è il Signore della vita e non della morte. Ci chiama alla vita, quella vera, che non è fatta di cose da fare, ma di relazioni da vivere; non vale per i beni che si possiedono, ma per il bene che condividiamo; non trova senso nel potere, ma nel servizio.
Dio ci fa uscire dai nostri sepolcri, quelli che ci costruiamo con il nostro egoismo, con la nostra cattiveria e cupidigia. Ci rialza dalla miseria e limite della nostra umanità per vivere da risorti, pieni del suo Spirito di amore e di gioia.
Dio ci chiama alla vita in Cristo, che San Paolo esprime con queste parole: «Questa vita che io vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me» (Gal 2, 20).
La vita in Cristo è una vita tutta centrata sull’Amore, sul dono della Grazia, che Dio dona a coloro che lo accolgono e rispondono al suo Amore.
È la vita “non dominata dalla carne” (Rm 8, 8), come dice San Paolo, quindi non dedita ai frutti della carne: «fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5, 19-21), ma tutta dedita a vivere i frutti dello Spirito: «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22).
La fede nel Cristo porta ad un cambio di prospettiva, ad uno sguardo nuovo. Ci fa porre attenzione a ciò che qualifica e produce giustizia: «Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia» (Rm 8, 10). L’importante diventa ciò che edifica tutti, che permette a ciascuno di ottenere il bene massimo possibile.
Ci libera dall’egoismo e ci apre alla solidarietà, non solo nel bisogno e nei momenti difficili, come questo che stiamo vivendo, ma nella routine dell’ordinario.
Il cristiano crede, celebra e vive la risurrezione, perché vive la sequela del Cristo che afferma: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11, 25). Il cristiano è testimone della risurrezione e non della morte, della Pasqua e non del Venerdì Santo.
Celebra la vita nei piccoli gesti quotidiani; testimonia la sua fede nella vita eterna in Dio vivendo con responsabilità nel mondo; accoglie il dono di amore di Dio facendolo fruttificare nelle relazioni con il prossimo.
Rinato, mediante il Battesimo, alla vita nuova dei figli di Dio, fa di ogni istante una lode a Dio e un servizio ai fratelli, lottando costantemente con la propria fragilità e confidando nella “compassione misericordiosa di Cristo”.
Concludo parafrasando l’espressione di Gesù: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato» (Gv 11,4).
Questa quaresima, questa pandemia, questa situazione è l’occasione per rientrare in noi stessi e celebrare la vera Pasqua di risurrezione. Abbiamo, quest’anno, la possibilità di celebrare la vera Pasqua, liberata dalle tante tradizioni e usanze che abbiamo, e riprendere in mano la nostra vita perché “risorga dalla morte”.
Viviamo questa occasione, che sta mettendo alla prova tutta l’umanità, come rinascita e non permettiamo che, oltre alle tante vittime, generi la morte spirituale perdendo in noi la speranza.
Apriamo il cuore a Dio e riprendiamoci in mano la nostra vita, per dare “gloria a Dio” e costruire una società umana, in cui tutti gli uomini si possano incontrare e vivere insieme.
Viviamo da risorti, con responsabilità, gioia e carità.
Viviamo in pienezza il presente, sempre tesi verso la meta della nostra fede: la vita eterna in Dio!
Facciamo del presente l’occasione per incontrare Dio e servirlo nel prossimo.
“Signore, con Marta professo la mia fede in te:
«Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo,
il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo»
Credo che Tu sei la risurrezione e la vita;
senza di Te la mia esistenza perde senso;
senza di Te tutto genera morte;
senza di Te la vita non ha speranza.
Donami il tuo Spirito di giustizia,
il tuo Spirito di forza e sapienza,
perché faccia di ogni momento
una opportunità di amore.
Sostienimi con la tua Grazia
e aumenta la mia fede,
perché cerchi sempre il bene
e viva nella tua volontà.
Amen!”