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La Luce Negli Occhi

Viaggio nell'anima attraverso la Sacra Scrittura
  • Occhi



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Solennità di “Maria Madre di Dio”

“Maria donna di Pace”


 

(Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)

 

         L’augurio di un nuovo anno così carico di speranza e di salute non era sentito dal dopo guerra. L’anno che è passato è stato ricco di prove, sofferenze, lacrime, solitudini, perdite di affetti, di lavoro, di stabilità economica. Un anno, a detta di tutti, da dimenticare!

       Credo, invece, che l’anno appena concluso non debba essere dimenticato. Occorre tenerlo bene a mente, scolpito nella memoria, per cercare di recuperare i valori che si sono persi a causa del tanto benessere, della cultura imperante del consumismo.

        L’anno appena trascorso, nella sua devastante e catastrofica evoluzione, deve essere un punto di ripartenza per una vita che deve fondarsi sui giusti e fondamentali valori del rispetto, dell’accoglienza, dell’onesta, della collaborazione, della vita nel suo valore indisponibile ed assoluto.

       In questo desiderio, che spero si traduca per tutti in impegno e opportunità da costruire, abbiamo un modello alto da seguire e nello stesso tempo un sostegno alle nostre incertezze e fragilità: la Vergine Maria, Madre di Dio, donna di Pace!

       Maria, in questa solennità, la veneriamo con il titolo di “Theotokos”, la “Madre di Dio”. In questa sua identità di Madre del Cristo, dell’unigenito Figlio di Dio incarnato, ella splende per noi come “madre e maestra dell’umanità”!

        Maria è madre dell’umanità perché è madre di Colui che ha dato tutto sé stesso per l’umanità. Maria è madre e come tale ci educa a scegliere il bene, a operare nella giustizia in umiltà e continua ricerca della Verità.

         Maria è maestra dell’umanità, perché ci insegna a vivere nella Pace e ad operare nella Pace, che viene dal Padre in Cristo Gesù. Maria, nel suo “Si” a Dio, nella sua umiltà e obbedienza, ci insegna a disporre mente e cuore al servizio della Verità nella Carità.

       Maria, madre e maestra, ci indica la via della pace, quella che ogni cuore desidera, ma non sempre è capace di vivere perché troppo egocentrico.

        Maria è la donna della Pace perché ha vissuto sempre nella costante ricerca della volontà di Dio; nella realizzazione di sé non ricurva su sé stessa, ma aperta al servizio del prossimo.

        Maria è la donna della Pace perché ha vinto l’egoismo con l’umiltà; ha rinunciato al proprio interesse per fare spazio all’amore di Dio; ha accettato ogni cosa, anche il dolore, non con rassegnazione, ma con fede consapevole che tutto è occasione di vita e di amore se sappiamo trasformare la perdita in offerta, il dolore in speranza, l’apparente sconfitta in nuova occasione di vita.

        Maria è la donna della Pace, perché donna di fede! Nel suo “fiat mihi secundum verbum tuum” è racchiuso tutto il potere di Maria, donna di pace: ha accolto l’Amore e lo ha donato a tutti, in umiltà e servizio; in disponibilità e accoglienza; in attenzione e premura.

        Maria è la donna di pace, non perché privilegiata e a conoscenza di tutto, ma perché ha vissuto nella certezza dell’Amore di Dio, che non delude e non tradisce. Ha vissuto nella “Speranza”, che non è rassegnazione o desiderio vano ed utopico, ma certezza e consapevolezza che il Bene è superiore al Male, sempre!

       Maria è la donna della pace perché ha camminato nella fede, compiendo ogni cosa e cercando di dare a Dio quello che gli appartiene, nella consapevolezza ed impegno verso il presente e le proprie responsabilità.

      «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19). Maria ci insegna che la vera pace nasce nel cuore di chi riconosce e rispetta il mistero della vita, come dono e occasione di bene per sé e per gli altri. Maria ci insegna che solo un cuore attento a non perdere neanche un istante della vita, perché sia occasione di amore, può essere capace di vivere e cogliere appieno il senso dell’esistenza.

       La preghiera, l’ascolto meditativo della Parola, la vita di Grazia mediante i sacramenti e l’incontro e scambio nella comunità di fede sono i luoghi in cui crescere nella fede e imparare a vivere nella vera pace.

       Maria è la donna della Pace, per la fede in Dio, perché segno tangibile del suo amore, della Salvezza donata a noi per la Pasqua del Cristo, morto e risorto.

       Maria, donna di Pace, ci insegna a vivere nella virtù della Speranza, nella certezza di essere destinati alla Gloria ed eredi del Cristo per la fede vissuta.

     All’inizio di questo nuovo anno, con la speranza che sia meno “funesto” di quello trascorso, desiderosi di viverlo nella piena salute e serenità, mettiamoci alla scuola di Maria, donna di Pace, perché ci sostenga per non vacillare nella fede e perdere la speranza.

       Chiediamo al Signore di donarci la sua Pace, per intercessione della Vergine Madre, perché risplenda la sua Luce nei nostri cuori, sia carica di speranza la nostra quotidianità e sappiamo affrontare ogni cosa con sapienza ed amore, perché non venga mai meno la speranza, testimoniando in semplicità e coerenza il nostro appartenere a Cristo, eredi della sua Gloria per fede.

      

Domenica tra l’Ottava di Natale – Anno B

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

“Maria e Giuseppe: modelli di fede”


 

(Gen 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40)

 

       L’Incarnazione del Verbo, la nascita di Gesù Cristo, che abbiamo contemplato nella Solennità del Natale e che continueremo con le varie celebrazioni e solennità natalizie, non può essere pienamente accolta senza soffermare la nostra attenzione e venerazione sulla Vergine Maria e San Giuseppe.

       Pensando a loro e rapportando la loro esperienza nella nostra vita potremmo cogliere un divario enorme e sentirli distanti dalla nostra esperienza e il nostro vissuto quotidiano, eppure, non è così!

       La Vergine Maria e San Giuseppe, suo sposo, sono esempi di vita di fede imitabili e per questo la Chiesa li pone come modelli di vita familiare. In che modo li possiamo imitare, averli come esempi di vita? Cosa hanno a che vedere con noi, con i nostri problemi, con la nostra realtà e la nostra cultura? Domande lecite!

       A pensarci bene, essi sono modelli di fede, di accoglienza della volontà di Dio e di costante e diuturna comprensione del progetto di Salvezza a cui aderire con il personale “Si”, anche quando sembra difficile e arduo da realizzare.

       Proviamo a declinare questa imitazione della loro fede cercando di comprendere come renderla possibile per l’oggi e per la condizione di vita.

       Primo punto: “umiltà del cuore”! La Vergine Maria ha accolto in umiltà l’annuncio dell’angelo e così Giuseppe. Hanno fatto tacere l’orgoglio, che non permette di dare spazio a Dio, perché centra tutto su di sé. Maria e Giuseppe, sebbene spaventati e incapaci di comprendere fino in fondo il mistero di Dio che li coinvolgeva, hanno aderito con abbandono filiale e pronunciato il loro “Si”. Da quel momento nulla è stato facile, ma tutto era vissuto nel costante impegno di fedeltà a Dio.

       Per ogni battezzato la condizione di partenza, per un cammino di fede autentico e in pienezza, è l’umiltà del cuore. Se non cresce in umiltà il credente non potrà mai camminare nella volontà di Dio, perché non discernerà la propria vita a partire da Lui, ma da sé stesso.

       Maria e Giuseppe ci insegnano proprio questa virtù fondamentale della sequela di Dio, in Cristo, l’essere umile per camminare nella fede e compiere quello che Cristo ci dice e ci insegna con la sua Parola.

       Secondo punto: “fede accolta con razionalità”! Maria e Giuseppe hanno detto il loro “Si” a Dio, ma non hanno smesso di ricercare, riflettere, comprendere, scegliere, decidere con la propria ragione. Anche quando tutto sembrava oscuro e difficile, hanno deciso razionalmente e assunta tutta la propria responsabilità per un impegno di fedeltà e adesione alla volontà di Dio. Hanno compreso giorno per giorno il cammino da compiere e, giorno per giorno, hanno rinnovato il loro “Si” al progetto di amore di Dio.

       Dio non ci chiede di essere irrazionali, di rinunciare a noi stessi e di accettare passivamente, anzi, la nostra capacità di analisi, la razionalità devono essere sempre attive per un corretto discernimento e adesione libera, piena e fedele alla sua volontà.

       Soprattutto quando tutto si dimostra contro la nostra razionalità, quando fa scattare in noi la ribellione e il rifiuto, occorre fermarsi a riflettere e contemplare, per non perdere la via e saper vivere con razionalità la nostra fede.

       Terzo punto: “accoglienza”. Maria e Giuseppe sono modelli di accoglienza: della volontà di Dio; dell’altro nella sua condizione; delle sfide e sofferenze, non con rassegnazione, ma con propositività.

       La nostra vita, per quanto possa essere da noi decisa e determinata, è costellata di situazioni, momenti, occasioni non sempre favorevoli.

       Tante volte dobbiamo fare i conti con imprevisti, sofferenze, tradimenti, attacchi, ostacoli. Costretti a rivedere, modificare o, addirittura rinunciare a ciò che sembrava vero, utile e fruttuoso.

       L’accoglienza, come stile di vita e virtù da vivere, ci permette di fare di ogni momento una occasione di amore, di bene per noi e per gli altri. Nella logica dell’accoglienza anche la malattia, la sofferenza e la morte trovano un senso e portano frutti di bene.

       L’accoglienza ci dispone di fronte alla vita con disponibilità, impegno, responsabilità e piena adesione. Non ci fa illudere ricercando la spensierata e fiabesca felicità, ma ci fa vivere nella felicità di una vita ricca di senso e di relazioni.

       Quarto punto: “preghiera e vita”. Maria e Giuseppe hanno fatto della loro vita una preghiera. Hanno vissuto sempre nella fedeltà a Dio, compiendo tutto secondo la Legge, da bravi ebrei osservanti, ma hanno fatto della loro esistenza una preghiera viva perché la loro non è stata una pratica di fede sterile e legalista, ma un operare sempre con piena adesione di mente, cuore e volontà al Signore.

       Maria e Giuseppe ci insegnano a fare della nostra fede una vita vissuta in pienezza e una preghiera che illumina la vita.

       Imitando Maria e Giuseppe impariamo a liberare la nostra pratica di fede da tutto ciò che è esteriorità, ritualità sterile, pratica di culto disincarnata, preghiera svuotata di esistenza e concretezza.

       La vita di fede è vissuto quotidiano illuminato, corroborato e fecondato dalla grazia di Dio; è vita vissuta nella costante ricerca del bene e della volontà di Dio; è esistenza compartecipata e corresponsabile perché ognuno possa essere nella condizione di vivere secondo Dio.

       La preghiera, la vita sacramentale si devono tradurre in impegno, valutazione, determinazione, decisione, attuazione, altrimenti sono vuote di senso, parole prive di senso e valore, pratiche di culto sterili, senza cuore e senza umanità.

       Quinto punto: “famiglia come vocazione”. Maria e Giuseppe sono modelli di vita familiare in cui realizzarsi come persone e come credenti.

       La famiglia esiste se è realtà di comunione, di accoglienza, di crescita, di perdono, di dialogo, di corresponsabilità. Da quel poco che i Vangeli ci dicono della vita familiare di Maria e Giuseppe, possiamo comprendere che tutto è stato vissuto, deciso, attuato nella reciproca accettazione ed accoglienza dell’altro. In un sostegno reciproco per comprendere e compiere il Bene, la Volontà di Dio.

      

        Come credenti abbiamo necessità di recuperare questi punti di imitazione della Santa Famiglia di Nazareth. A Maria e Giuseppe chiediamo di sostenerci nel cammino familiare e di fede per saper comprendere e vivere la nostra vita da cristiani.

      Essi siano per noi il modello costante di una fede autentica, fatta di accoglienza razionale, libera e fedele della volontà di Dio. Siano d’esempio nel ricercare e vivere la cooperazione e l’impegno a fare il massimo bene possibile nelle concrete circostanze della vita, in umiltà e senza mai richiuderci nell’egoismo e nella personale affermazione di sé a discapito del prossimo.

         Amen!

 Natale del Signore – Anno B - 2020

“La Luce vera risplende nei cuori”


 

Letture S. Messa Notte (Is 9,1-6 - Sal 95 - Tt 2,11-14 - Lc 2,1-14)

Letture S. Messa giorno (Is 52,7-10 - Sal 97 - Eb 1,1-6 - Gv 1,1-18)

      

       Sono giorni che si sente ripetere: “Quest’anno non è Natale!”. Perché? Forse è cambiata qualche Verità della fede? Cosa manca per celebrare il Natale? Il poter festeggiare? Andare a sciare? Viaggiare? Ritrovarsi in famiglia?

         Probabilmente o sicuramente tutto questo mancherà quest’anno, ma tutto questo cosa ha a che fare con il Natale?

       Se questi accessori che abbiamo a cuore e che appartengono alla nostra tradizione sono fondamentali, allora dobbiamo essere onesti in coscienza e dire che manca la fede!

       Il Natale è la contemplazione dell’Amore misericordioso di Dio che si è incarnato, perché noi potessimo partecipare in pienezza alla sua Gloria! Nulla, quindi, di quello che tradizionalmente viviamo a Natale ha a che vedere con il “Mistero dell’Incarnazione”!

        Sebbene importanti, non sono l’essenza del Natale, ma è il Natale che dà senso alla nostra esistenza, al nostro essere famiglia, al bisogno di riposo, per tornare ad un impegno responsabile e a favore del bene comune nella routine quotidiana e lavorativa.

         Soffermiamoci, dunque, a contemplare il mistero dell’Incarnazione. Ci lasciamo guidare dalle letture della liturgia della Parola della Messa della notte e del giorno di Natale.

      

          «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio»

 

        L’evangelista Giovanni, nel suo prologo, ci fa porre subito l’attenzione su chi è Gesù, che in questa solennità contempliamo in fasce e deposto in una umile mangiatoia.

          Egli è “la Parola”; è “Dio”; eterno con il Padre!

          È la “Parola”, che rivela la Via da seguire, la Verità da accogliere, la Vita da realizzare nella carità, nell’Amore di Dio.

         È “Dio”, il Κύριος, il Signore, il Cristo, il Messia, colui che ha donato sé stesso per l’umanità, affinché viva in pienezza la sua condizione di caducità nella costante tensione alla destinazione finale, alla partecipazione della Gloria di Dio.

      Il mistero dell’Incarnazione, che in questi giorni rappresentiamo nel segno “Bambinello” del presepio, deve ricordarci che la nostra umanità, per la fede che professiamo, non è più chiusa nell’egoismo e nella affermazione di sé, ma è chiamata a realizzarsi in un impegno di attenzione al prossimo; di edificazione reciproca; in una costante ricerca della Verità, nella giustizia e nella Carità, perché tutti possano avere la possibilità di realizzazione di sé, senza soprusi.

        Il Cristo che si fa carne, presente nell’Eucaristia, chiama i cristiani, i battezzati, ad essere sua presenza nel mondo, ciascuno nella propria condizione e professione.

         «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1, 4-5)

 

      Il Bambinello, che adoriamo nella sua dolcezza, tenerezza, fragilità, è la “Vita”, la “luce degli uomini”. Credere in Lui, accoglierlo nella nostra vita, comporta uscire dal nostro egoismo e radicare la nostra esistenza in Lui; significa vivere ogni cosa in riferimento a Lui, alla sua Parola, nella Carità e nella Verità.

     Per non essere e vivere nelle tenebre dell’egoismo, dell’arroganza, della saccenza, del menefreghismo, dell’avidità, della violenza, del sopruso, dobbiamo aprire il cuore al Cristo, che si è fatto “carne” ed è presente nell’Eucaristia.

      Per trovare la vera “felicità”, la piena realizzazione di noi stessi, non dobbiamo confidare in cose effimere e passeggere, come il successo, il potere, il denaro, tutto quello che il mondo ci propone, ma fondare e radicare la nostra esistenza nell’amore di Dio.

     San Paolo ce lo ricorda con queste parole della Lettera a Tito: «[…] è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13).

 

       «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. […] A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 9-10.12-13).

 

       Accogliere la Luce che viene nel mondo ci costituisce “figli di Dio”, illuminati e portatori della sua Luce, della sua Verità.

     Di fronte al Bambinello, lasciamoci invadere dalla sua Luce, senza paura, anche se dovessimo scoprire i nostri più infimi difetti. Non abbiamo paura di fare verità in noi, ma permettiamo alla Grazia di Dio, apportatrice di salvezza, di rinnovare il nostro cuore.

       Lasciamo che la Luce del Bambinello ci invada e possa trasparire così nei nostri pensieri, parole e gesti. Lasciamo che la Luce della Verità illumini la nostra coscienza, affinché traspaia la sua “Luce nei nostri Occhi”, grazie alla meditazione diuturna della Parola, alla vita Sacramentale, alla preghiera costante, che pervada ogni istante della giornata.

      Questo sia l’Augurio che ci facciamo reciprocamente, che vogliamo porgere al mondo intero, perché questo Natale, non sia strano, come sentiamo spesso ripetere, a causa della pandemia, ma sia la rinnovata occasione di accogliere l’Amore di Dio che si dona ad ogni persona di buona volontà, all’umanità che Egli ama.

      «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2, 14).

 

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Adorazione dei Pastori (1529–1530), Correggio, Gemäldegalerie di Dresda

 

Quarta Domenica di Avvento – Anno B - 2020

“Dio Amore o Genio buono?”


 

(2Sam 7,1-5.8-12.14.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38)

      

       Chi è Dio?

       Non è una domanda tanto scontata né la risposta è facile darla. Tutto dipende, infatti, dal rapporto che vogliamo avere con Lui.

       Spesso Dio è ridotto ad un “genio” che deve soddisfare i desideri, risolvere i problemi, evitare i mali vari a cui siamo soggetti.

       Il pensiero diffuso su Dio è sempre più negativo o di rifiuto, molto dipende dalla visione soggettiva, che soprattutto nei giovani porta a non riuscire a vivere il rapporto con Lui.

       Dio è sempre più scomodo o inutile per la cultura occidentale, che continua a proporre una autonomia dell’uomo e un primato della sua libertà in cui i valori religiosi sono accettabili nella sfera privata della coscienza.

       Nella prossimità della Solennità del Natale, dunque, la domanda su Dio, in questo contesto culturale, è d’obbligo. Oltre a chiedersi “Chi è Dio?”, occorre domandarsi “Che rapporto ho con Lui?”.

       Celebrare il Natale è accogliere Dio nella propria vita. Conoscerlo e decidere di vivere una relazione di amore con Lui, seguendo la sua Parola, vivendo nella sua Carità, operando secondo verità e carità.

       In questa quarta domenica di Avvento la figura di Maria, che accoglie l’annuncio dell’Angelo, ci è di guida e di stimolo per verificare la nostra fede e la nostra adesione alla Volontà di Dio.

       Maria, sebbene prescelta per essere la Madre del Messia, non perde la sua libertà di scelta e la sua razionalità. Domanda ragione del messaggio ricevuto: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1, 34). Non è mancanza di fede, non è ribellione né un deridere il messaggio ricevuto. Maria chiede per comprendere, per accettare e per accogliere. La sua non è una decisione passiva né una rassegnazione. È una scelta razionale, cosciente e libera, da cui deriva la piena assunzione di responsabilità.

       Non ha bisogno di conoscere tutti i dettagli, ma le è sufficiente comprendere che tutto è per Amore.

       Nel suo progetto di Amore, Dio non si sostituisce alla persona umana, ma la coinvolge nella sua decisione responsabile e libera.

       Come la Vergine Maria, i profeti, il re Davide, gli apostoli hanno aderito alla fede e vissuto in piena responsabilità la loro esistenza, così ciascun battezzato è responsabile di vivere e operare nell’amore di Dio.

       La fede è adesione libera e possibile solo facendo esperienza dell’Amore di Dio. La fede è un dono che si riceve di mano in mano.

       La conoscenza di Dio Amore si realizza attraverso la testimonianza dei credenti credibili e gioiosi.

       La testimonianza che trasmette la fede non è la pratica della religione, bensì la quotidianità vissuta in responsabilità nella fedeltà ai valori religiosi, ai Comandamenti, alla Parola di Dio.

       Il credente non si distingue per le pratiche di culto, ma per lo stile di comportamento; per la parola sempre carica di speranza; per scelte secondo il Vangelo e non secondo le “mode” del presente.

       L’intervento di Dio nella storia degli uomini, nella loro vita, non sarà mai quello di “un genio” che esaudisce i desideri o risolve i guai, ma sarà di guida e di monito perché ogni persona si impegni e operi secondo la sua parola.

       Questo Dio, che ha sancito un patto di alleanza con il suo popolo, con l’umanità intera, continua ad indicare la Via della vera libertà e responsabilità.

       Continua a fare dell’umanità la sua eredità, il suo popolo per il quale si è “umiliato” facendosi carne.

       È Dio che continua a “fare” per l’umanità; a dare una dignità alla condizione umana; a costruire una casa di Amore ove trovare consolazione e speranza. «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. […] Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.» (2 Sam 7, 11.14)

       Se oggi il mondo non conosce il Dio cristiano, se Egli non trova spazio nei cuori degli uomini di questo tempo, è anche perché noi che crediamo in Lui non siamo testimoni gioiosi, pervasi dal suo Amore, portatori di speranza e di luce. Non abbiamo detto in pienezza il nostro “fiat”, come Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1, 38). Non diamo spazio alla Parola nella nostra vita, non facciamo appieno riferimento ad essa per le scelte quotidiane.

       La nostra società e soprattutto le giovani generazioni hanno bisogno di cristiani sempre giovani nel cuore e nella mente; che vivano appieno il tempo presente in responsabilità facendo sempre riferimento agli insegnamenti del Vangelo; portatori di speranza, di fede e di carità nelle varie situazioni della vita, soprattutto quando sperare sembra impossibile e senza senso, quando il Bene sembra essere impossibile per le tante esperienze di male e di morte.

       In questo Natale soffermiamoci a contemplare il dono di Dio e verifichiamo se gli permettiamo di abitare nel nostro cuore; se abbiamo la sua Parola come riferimento costante nella vita; se il nostro parlare e i nostri gesti testimoniano la nostra appartenenza a Lui, la nostra obbedienza al suo amore.

      

Terza Domenica di Avvento – Anno B - 2020

“Essere testimoni della luce che è Cristo!”


(Is 61,1-2.10-11; Lc 1; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28)

 

       «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1, 6-7)

       L’Evangelista Giovanni ci presenta il Battista come colui che “doveva dare testimonianza alla luce”.

       Il Battista è l’ultimo dei profeti; ha preparato il popolo ad accogliere e riconoscere il Messia. Il Cristo parla di lui dicendo: «tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11, 11; Lc 7, 28), in quel “tuttavia” mi piace leggere la medesima missione di “testimoni della Luce”, per divenire degni della Salvezza ed eredi del Regno.

       Essere testimoni della luce che è Cristo!

       Questa, dunque, l’essenza della vita di fede di ciascun battezzato. Una grande responsabilità, certamente, ma di fatto non è altro che la fede vissuta e resa presente nel susseguirsi di situazioni, di avvenimenti, di incontri, che ciascuno vive.

       Una domanda potrebbe essere avanzata a questa mia considerazione: “Come poter essere testimone della Luce che è Cristo?”. Chi ogni giorno fa riferimento alla propria fede potrebbe apportare qualche obiezione o presentare le difficoltà che si incontra nel conciliare la fede con i propri limiti, difetti, cadute, dubbi, errori, peccati, eppure, la fede è questo: “essere testimoni della Luce”.

       Per esserlo occorre che la Luce di Cristo abiti in noi. Come?

       San Paolo ci indica la modalità nel brano ai Tessalonicesi.

       La prima condizione perché abiti in noi la Luce è “pregare incessantemente” (1Ts 5, 17). La preghiera incessante non è “stare in ginocchio”, “battersi il petto”, “recitare preghiere”, ma è “fare tutto in Cristo, per Cristo, con Cristo”, cioè in una relazione di piena comunione con il Signore.

       La preghiera incessante è possibile quando ci si pone in umiltà profonda davanti a Cristo, davanti al Tabernacolo, e si fa silenzio interiore per ascoltarlo parlare. È possibile quando si permette a Cristo di “metterci a nudo”, cioè quando abbassiamo le difese, ci poniamo con umiltà, senza aver paura di scoprirci fragili, bisognosi, deboli, imperfetti.

       Lasciarsi incontrare dalla Verità per fare verità in noi e riconoscere tutta la pochezza e miseria della nostra condizione, ma nello stesso tempo comprendere che ogni cosa di noi, della nostra vita è “dono” di Dio, di cui “rendere costantemente grazie a Dio”!

          Dalla preghiera incessante tutto assume un significato nuovo, tutto si carica “di luce e di speranza” e tutto è riferito alla Luce di Cristo.

       Da questo incontro nella preghiera con il Cristo scaturisce una vita nuova e un comportamento nuovo, guidato e illuminato dalla sua Parola, ascoltata, meditata, pregata e vissuta.

       San Paolo esorta: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.» (1Ts 5, 21). Il discernimento è l’altra caratteristica per essere “testimone della Luce”. Essere capaci di valutare bene e correttamente ogni cosa non è semplice, facile, soprattutto nel contesto culturale odierno in cui la globalizzazione, la tecnologia e l’edonismo sono i pilastri della società.

       Fare un corretto e attento discernimento è sempre più urgente e, nello stesso tempo, difficile, quasi arduo, per la complessità delle situazioni e per la relativizzazione dei valori, alla base di ogni valutazione.

          Il corretto discernimento è possibile se tutto parte da Cristo e se compreso alla luce della Verità, nella costante ricerca del Bene.

          Il corretto discernimento porterà alla distanza da ogni forma di male; alla costante denuncia e allontanamento di azioni, condizionamenti e giudizi che non permettono la costruzione e la tutela del Bene comune.

       L’astensione dal fare «ogni specie di male» (1Ts 5, 22) deve essere suffragato da un comportamento tutto orientato a fare il bene, altrimenti cadremmo nel minimalismo etico, credendo di fare il bene per il semplice fatto di evitare di fare il male.

        L’astenersi dal fare ogni specie di male, invece, è uno stimolo a fare attenzione al parlare, ai gesti, ai desideri, ai giudizi, alle scelte da compiere, dalle più banali alle più impegnative.

        Questo stile di vita permetterà allo Spirito Santo di abitare in noi e ci renderà “testimoni della Luce”, nella semplicità del nostro essere e nella complessità di relazioni che viviamo.

       Questo ci permetterà di vivere “irreprensibili”, cioè da “santi” in mezzo al mondo, e di “splendere come astri”, testimoniando la Luce di Cristo nella semplicità dei gesti e nella costante ricerca del bene comune.

        Giovanni il Battista e la Vergine Maria ci insegnano a conservarci e crescere nell’umiltà del cuore, affinché la Verità sia accolta, vissuta e testimoniata. A loro affidiamoci per accogliere, amare, contemplare e servire Cristo, Luce che risplende e dirada le tenebre in cui spesso sono immersi i cuori.

 

“Signore Gesù,

Luce che splende nei cuori di coloro che ti accolgono,

concedi ai tuoi fedeli il dono della vera umiltà!

Rendici capaci di un vero e profondo discernimento,

perché tutto sia orientato al Bene,

nella costante ricerca di evitare ogni specie di male.

 

Accresci in noi il desiderio di Te,

per imparare a porci in umiltà

davanti alla tua Presenza nell’Eucaristia;

ad ascoltare e meditare la tua Parola;

ad elevare il nostro canto di lode a Te.

 

Donaci il tuo Spirito,

per saper discernere con attenzione il bene dal male;

evitare sempre ciò che non edifica;

usare la parola come strumento di pace,

attenti a non offendere, umiliare, denigrare,

ma sempre pronti a correggere, esortare, consolare il prossimo.

 

Rendici, sull’esempio di San Giovanni Battista,

per intercessione della Vergine Maria,

“testimoni credibili di Te”,

Luce, Verità, Vita e Via.

Amen!”

 

Solennità dell’Immacolata Concezione - 2020

“Tutto è Grazia … tutto per Amore”


 

(Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38)

      

       La Solennità dell’Immacolata Concezione è un invito a soffermarsi sul “dono di Amore di Dio” per l’umanità.

       Maria è stata preservata dal peccato dal suo concepimento solo per amore dell’umanità.

       Lei, la donna umile che sconfigge il male con la sua obbedienza alla Parola di Dio (cfr. Gn 3, 15); Lei, la donna che ha permesso l’incarnazione del Messia (cfr. Lc 1, 38); Lei, la donna che ha custodito e meditato nel suo cuore la volontà di Dio, comprendendola e vivendola giorno per giorno (cfr. Lc 2, 50-51); Lei, la donna che ha insegnato ad ascoltare la Parola che si è fatta carne (cfr. Gv 2, 5); Lei, la donna che ha partecipato al sacrificio del Figlio ed è stata donata all’umanità come Madre (cfr. Gv 19, 26-27).

       In Maria tutto è Grazia e tutto è per Amore!

 

       Contemplando questo dono di Grazia per tutta l’umanità, venerando Maria, la sua Immacolata Concezione, eleviamo il nostro canto di lode a Dio per il suo Amore misericordioso e fedele; con Maria impariamo a dare spazio nella nostra vita alla Parola di Dio; a meditare e attuare nella nostra quotidianità la volontà di Dio, il suo progetto di salvezza, di redenzione per l’umanità.

       Guardando la Vergine Maria, meditando sul progetto di amore di Dio, comprendiamo che il credente, il battezzato è chiamato a vivere nella Grazia e compiere ogni cosa per Amore!

       San Paolo lo dice chiaramente nel brano di Efesini: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1, 4-6).

       Vivere da figli in Cristo Gesù, santi e immacolati, compiendo la sua volontà, non deve spaventare e farci pensare di dover vivere una vita avulsa dalla realtà terrena, ma, al contrario, inserita nella quotidianità per portare la novità di vita cristiana fin nelle più recondite situazioni umane.

       La nostra vita deve essere, sull’esempio e con l’intercessione di Maria, nostra Madre, tutta pervasa di Grazia ed espressione della Carità, dell’Amore misericordioso e fedele di Dio.

       Per questo in Maria abbiamo un esempio fulgido: umiltà, disponibilità, contemplazione, meditazione, abbandono, fiducia, perseveranza. Queste sono le caratteristiche, le virtù da vivere ogni giorno per “vivere, conservarsi e realizzare” la volontà di Dio.

       La Vergine Maria ci insegna a viverle indicandoci la modalità di attuazione in noi: la preghiera costante!

       Una preghiera non fatta di parole vuote, ma di azioni concrete di amore. Una preghiera che inizia davanti al Signore e termina nel servizio di amore ai fratelli, ognuno nella sua particolare attività, missione, compito.

       La preghiera che Maria ci insegna a fare ogni giorno è di “Ascolto, Meditazione e Azione”: ascolto della Parola; meditazione e comprensione per viverla; traduzione in azione di servizio e carità.

       «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1, 38): il cristiano è “servo della Parola”, “servo di Dio”, perché si lascia usare per donare amore all’umanità; è “servo” perché si attui il progetto di amore di Dio e si realizzi il suo Regno in mezzo a noi.

       L’ostacolo a questo progetto di amore e redenzione è il peccato, che non è dunque una trasgressione di una legge, ma il “tradimento dell’Amore”, della “promessa di bene” da parte di Dio rifiutata con il comportamento ostile, opposto.

       Il risultato del peccato, come tradimento dell’amore, è la “nudità”: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo?» (Gn 3, 11), intesa nella sua accezione morale di senso di vergogna, del rendere palese le proprie fragilità, il tradimento dell’Amore compiuto che ci rende vili, miserabili!

      Maria, quale Madre attenta e pronta ad andare incontro ai suoi figli, ci invita a non perdere mai la speranza. Ci indica come conservarci e crescere nella fedeltà al progetto di amore di Dio: dare spazio nel proprio cuore al “silenzio” di ascolto e meditativo!

      Maria ci insegna il silenzio, che non è far tacere i rumori attorno a noi, ma soprattutto quelli “dentro di noi”: le offese, i rancori, i torti, l’egoismo e tutto quello che ci distrae dal comprendere e vivere il presente come occasione di amore e la vita come dono!

      Questo Natale sia l’occasione di riscoperta del dono di Amore di Dio per l’umanità, fissando l’attenzione sull’essenziale, il mistero dell’incarnazione, incontro di Dio con l’umanità. Lasciamoci condurre dalla Vergine a contemplare e vivere il dono di Amore perché anche la nostra esistenza, nelle varie vicende quotidiane sia “tutto per Grazia e per Amore”.

 

“Signore Gesù,

che ti sei incarnato nel grembo della Vergine Maria

e l’hai donata a noi come Madre,

aiutaci a fare della nostra vita

un dono di amore e di grazia.

 

Sull’esempio della Vergine Maria,

impariamo a fare “silenzio” nel nostro cuore,

a far tacere tutto quello che non porta amore;

ad allontanare da noi tutto ciò che non è carità;

a far crescere in noi umiltà e fiducia,

abbandono e pazienza,

disponibilità e perseveranza.

 

Rendici sempre più consapevoli

che ci hai chiamato alla santità nella carità;

che ci hai costituiti figli del Padre;

che ci hai resi eredi del Regno.

 

Per l’intercessione di Maria, Immacolata Concezione,

concedici di vivere pienamente

il nostro battesimo, in un cammino costante

di meditazione della tua Parola,

di offerta di sé nella carità,

di impegno di vita nella speranza,

per essere partecipi del tuo Regno,

e continuare in eterno ad elevare il nostro canto di lode

per le meraviglie che compi ogni giorno per noi.

Amen!”

 

lourdes

Seconda Domenica di Avvento – Anno B - 2020

“Siamo voce dell’Amore”


 

(Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8)

 

       «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1, 3)

        La seconda domenica di Avvento è caratterizzata dalla figura di Giovanni il Battista, colui che è stato il messaggero davanti al Signore, che gli ha preparato la via.

       L’espressione di Isaia, riportata dall’evangelista Marco, interpella le coscienze di ogni tempo, perché chiamate a testimoniare la fede nel “deserto” del mondo.

       Oggi il mondo ha ancora bisogno di “voci che gridano” nel deserto, caratterizzato da coscienze sempre più indifferenti al Vangelo, alla fede; chiuse nella soggettività morale, rifiutando di camminare nella “via del Signore”, secondo la sua Legge.

       Ogni battezzato è responsabile dell’annuncio di fede, della testimonianza da rendere al mondo. Deve essere nella società la voce che annuncia, grida ed invita ad accogliere il Signore.

       Il mondo ha bisogno di battezzati che con l’esempio della vita, la fermezza della coscienza e la gioia nel cuore annuncino la loro appartenenza a Dio, la loro fede fatta di cadute e di incertezze, ma salda nell’esperienza misericordiosa dell’amore di Dio.

        Giovanni il Battista, ultimo dei profeti e precursore del Messia, è l’esempio, per ogni battezzato e ogni consacrato, del corretto annuncio del Signore, che viene ad abitare nei cuori di ognuno.

         Egli ha indicato il Messia e si è messo da parte affinché chi lo seguiva potesse incontrare l’Amore di Dio e seguirlo.

        Spesso, invece, accade di incontrare credenti che legano a sé le persone e le esperienze di fede che compiono, sempre più impaurite di perdere il prestigio e l’essere riferimento e guida per il neofita.

        Adulti, giovani e ragazzi sono sempre più immersi nella virtualità, ove anche le relazioni diventano aleatorie, e catturati dall’illusione di una vita spensierata, alla ricerca del successo e della ricchezza, con modelli a cui ispirarsi vuoti di valori, intenti ad apparire sempre aitanti e perfetti, scevri dal tempo, eternamente giovani.

       Questa è l’umanità di questo secolo, assetata di vita e di ideali veri, ma incapace di trovare punti forti di riferimento nei tanti ideali presentati dalla cultura imperante, dai media e dai social.

       Questo è il deserto ove essere “voce” dell’amore di Dio, del Messia che viene a portare la Verità che dà senso all’esistenza dell’uomo; questo è il deserto assetato di senso e di valori in cui dare testimonianza dell’amore incontrato, che è “magnanimo”, «perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi» (2Pt 3, 9).

        Questo è il deserto in cui essere “voce” che non giudica, ma accoglie e indica la via di Dio, mediante la propria testimonianza di vita, evidenziando come sia liberante e bello seguirla.

         Questo è il deserto assetato di Verità e di valori, che attende da ogni battezzato che “gridi” con voce ferma e sicura quanto sia liberate e edificante camminare nella Legge del Signore.

        Chiamati ad annunciare non con sublimità di parola, né con saccenza la propria fede, ma nella umiltà del cuore e nella esperienza concreta della misericordia di Dio in Cristo Gesù.

         Il mondo ha bisogno di credenti come Giovanni il Battista: umili, coraggiosi, ricchi dell’esperienza rigenerante dell’Amore di Dio.

       Il mondo non ha bisogno di cristiani che puzzano di perfezione e poi incapaci di fare i conti con la propria fragilità; di farsi vicino al prossimo; di sporcarsi le mani con la miseria umana; di compromettersi con le vicende umane.

       Il “deserto” del mondo odierno ha bisogno di credenti consapevoli della propria fragilità, imperfezione e del proprio peccato, ma rigenerati dalla Grazia misericordiosa dell’Amore di Dio, del Messia che ha offerto sé stesso per la salvezza dell’umanità.

         L’apostolo Pietro parla di “santità della condotta” (2Pt 3, 11), che significa vivere nella consapevolezza che non si è perfetti, né liberi dalla tentazione e dalle lusinghe del mondo, per cui il cristiano deve sempre essere vigilante e pronto, ma anche consapevole che la sua fede non si basa sul merito personale, bensì sull’amore incontrato, che lo ha perdonato e posto nella relazione filiale con il Padre.

        Oggi il mondo, ogni singola persona ha bisogno di battezzati, consacrati e ministri che come Giovanni il Battista vivono la propria fede in pienezza, pronti a mettersi da parte e gioire per ogni persona che incontra il Cristo Signore e Messia.

 

 

“Signore Gesù,

che sei stato annunciato da Giovanni Battista,

precursore e “voce che grida nel deserto”,

aiutaci a saperti annunciare al mondo,

ad ogni persona, al nostro vicino,

non con la presunzione di essere giusti e perfetti,

ma con l’umiltà del cuore, di chi ha sperimentato

quanto sia liberante e rigenerante il tuo Amore misericordioso,

che non giudica e che attende con pazienza,

affinché tutti si possano salvare.

 

Concedi ad ogni battezzato, consacrato, ministro,

di fare esperienza vera e continua di Te,

per saperTi testimoniare con gioia e fermezza,

indicando la via della Salvezza

come possibile per ogni persona,

senza alcuna condizione,

senza alcuna prerogativa,

semplicemente riconoscendo che Tu

sei l’Amore che libera,

la Verità che illumina,

la Via che conduce alla piena realizzazione di sé.

 

Dona ad ogni credente

la Luce del tuo Spirito,

perché sappia essere libero da ogni compromesso,

sempre attento a rinunciare alle lusinghe del mondo, del successo,

del denaro e del sesso,

capace di indicare Te, Via Verità e Vita,

e di gioire per la condivisione della fede,

dell’esperienza del perdono ricevuto e donato.

Amen!”

 


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